Giovani scrittori emergenti

Leggevo un articolo su Panorama: Giovani Scrittori Emergenti.

Interessante, perché pone l’accento sul tema: la letteratura per giovani scritta da giovani (più o meno) è solo quella di Moccia?

Ovviamente no. E non abbiamo scoperto l’acqua calda. Innanzi tutto, dei tre autori che ci presenta, solo uno è giovane. 25 anni, appunto. Gli altri non direi proprio. A meno che per scrivere un libro non sia necessario esordire a 60 anni.

Per il resto, il mercato editoriale a tema adolescenti non impone solo storie alla Moccia. Premetto che non ho letto alcun suo libro, ma ho visto mezz’ora di un film da lui diretto e mi è bastato.

Ma, continuo a ripetere, non ci vedo nulla di male. Esiste una bella fetta di pseudo lettori che sono totalmente allergici al libro e sono disposti solo a intrattenersi con romanzi leggeri e semplici. Esistono invece quelli che desiderano trovare emozioni profonde in un libro, magari anche riferimenti alla letteratura classica. E poi ci sono quelli che desiderano solo un buon libro, punto. Senza troppe complicazioni.

Nell’articolo si cita Giordano. L’ho letto, e credo che sia un buon libro. Ma siamo sinceri, se non fosse stato pubblicato dalla Mondadori nessuno si sarebbe accorto di Giordano. Tantomeno il Premio Strega.

Per il discorso età degli scrittori, ribadisco il solito concetto. Una volta sentii dire da un editor che un libro per adolescenti funziona di più se è stato scritto da un coetaneo che parla la lingua dei giovani. Una boiata tremenda. Una bestemmia. Basta vedere quali libri hanno segnato la letteratura mondiale per adolescenti. Nessuno scrittore teen ager. Anche ultimamente, anche se pensiamo ai commerciabilissimi libri della Meyer e Rowling, non mi pare che siano proprio ragazzine. Eccezion fatta per Paolini. Ma l’eccezione c’è sempre.

In Italia, almeno lato fantasy, il baby boom è stata una bolla di sapone.

Insomma, la letteratura italiana mainstream o di genere continua a essere in fermento. Restiamo con le orecchie alzate.

Quando la De Mari dice NO

L’altro giorno, girovagando in rete grazie ai miei feed, sono venuto a conoscenza (in ritardo) della decisione di Silvana de Mari di non pubblicare più con la casa editrice Salani l’ultimo libro della sua saga L’ultima Profezia.

Molto interessante un suo intervento che vi invito a leggere con attenzione.

Il mio, molto semplicemente è uno sciopero, contro lo strapotere delle case editrici che dicono o qui si cambio come voglio io o il libro non si pubblica. Bene. Non si pubblica. L’editing deve essere una proposta,mai un’imposizione, gli editori devono imparare a fermarsi, a fare un passo indietro.

Premessa: stimo Silvana de Mari come autrice ma anche la Salani Editore. Ovviamente il commento è solo sull’opinione espressa da una delle due campane.

Ciò che dice Silvana è ovviamente corretto. Tra l’editor e l’autore deve sussistere sintonia e intesa, non deve essere un’imposizione.

Sono stato fortunato, forse. Con le case editrici con cui ho lavorato (Curcio, Asengard ed Edizioni Ambiente) il rapporto è stato positivo e proficuo. Spero che sia lo stesso per i prossimi due editori.

Mi è capitato qualche mese fa di proporre un mio testo a un editore. Questo editore, tuttavia, aveva una sua precisa linea editoriale, e mi ha chiesto cambiamenti *radicali* alla trama e al protagonista per adattarli alla sua collana. Ho gentilmente declinato l’offerta. Non è colpa mia, neppure sua. Essenzialmente quel libro non era adatto a loro.

Attenzione. Un autore deve essere sempre disposto a rivedere il testo, concordare i miglioramenti che possono essere di stile, struttura, ritmo e quant’altro. Anche rivedere dei capitoli, affinché magari la scena sia più incisiva o i personaggi più tridimensionali. I consigli di un buon editor vanno sempre ascoltati. Metabolizzati e capiti.

Quando però si chiede che il libro assuma un colore diverso perché il marketing o la collana lo richiede, allora mi fermo. Perché quel libro non è adatto. Non è questione di orgoglio o arroganza. Lungi da me. E’ solo questione di obiettivi ed espressione artistica.

Forse un giorno scriverò una storia che sarà perfettamente… compatibile con quelle richieste. Oppure anche no.

Per inciso: scrivere non era minimamente faticoso. Ogni tanto dovevo interrompermi per l’eccitazione.

Verità sacra. Tanto di cappello.

Sono state tagliate dieci righe che erano le mie idee religiose, trovate ridicole dal mio laico editor. Porca miseria è il mio libro. Siete così intelligenti e così bravi: scriveteveli da soli. A questo punto sono arrivata alla paralisi. Non me ne fregava più niente, volevo sono non sentirne più parlare.

Non credo occorrano commenti. Un autore esprime se stesso in un libro. Un romanzo fantastico non è un libro game. Specialmente nei casi dei libri della De Mari, tutti sappiamo come siano densi di significati e metafore, che sottendono il pensiero dell’autrice.

Ho quasi sessanta anni e sono messa piuttosto bene a quattrini. Posso permettermi di non fare le cose che detesto e oramai detestavo essere l’autore di questi libri. Volevo solo liberamene, concludere, non averli più sul computer, non avere più Rankstrail in memoria sul glossario. Questa gente non era più viva, erano solo macchie di inchiostro su delle pagine.

Che io leggo come la morte dell’estro e della vena artistica. Purtroppo.

Ripeto, sono osservazioni nate da un post di Silvana De Mari, che spiega il perché della sua decisione di chiudere con Salani, pagare una salatissima penale, e concludere online il suo libro.

Una scelta coraggiosa, che Silvana sintetizza in questi termini:

Porca miseria. Mi è costato 10000 euro, ma valeva la pena. Certo che valeva la pena. E in più molte persone stanno leggendo il blog e sto conbattendo per le mie idee. Potete accusarmi di tutto, ma non di incoerenza.

Parole che ammiro. Perché sappiamo quanto sia difficile pubblicare in Italia e quanti esordienti sarebbero disposti a tutto pur di raggiungere questo traguardo. Traguardo che Silvana si è conquistato con fatica, successo confermato dai suoi tanti lettori in Italia e all’estero.

Ma, sopratutto, Silvana ha deciso di voler essere una vera scrittrice, esprimere i suoi pensieri al di fuori delle logiche di mercato ed editoriali.

Scelta giusta, scelta sbagliata? Non spetta a noi giudicarlo. Non spetta a noi criticare la Salani, non sarebbe neppure giusto dato che non sappiamo il suo punto di vista. Forse le modifiche richieste da Salani non erano così intrusive, forse Silvana potrebbe essere stata troppo “attaccata” al suo testo? Ipotesi plausibili, che tuttavia non mi interessano.

Alla fine poco importa. Apprezzo sempre l’onestà intellettuale di chi vuole difendere il proprio libero pensiero.

Una lezione valida per tutti. Esordienti e scrittori attempati.

Lo sconosciuto di nome libro

Un interessante articolo su Repubblica: Il libro questo sconosciuto.

Nulla di nuovo all’orizzonte. Italia fanalino di coda, drammatica la situazione dei libri. Un po’ di statistiche, insomma, ma alquanto chiare.

Chi legge più di 12 libri l’anno, infine, rappresenta solo il 6,9 % (3 milioni e 900 mila).

Per me che leggo circa 50 libri l’anno, il dato è abbastanza inquietante.

Il nord Italia vede una prevalenza di lettori sulla popolazione (52,2 %), seguita dal Centro (47,4 %) e, ben distaccata, il Sud e le Isole (31,6 %).

Il che non è certo una novità. Motivo per cui, infatti, mi capita molto raramente di presentare nel sud Italia (eccezion fatta per Modica, ma rientra nel Progetto Curcio Attività Creative). C’è poco interesse, pochi lettori, pochissime manifestazioni di rilievo. E’ un dato di fatto, non nascondiamoci dietro a un dito.

rispetto al 2007 e al 2008 c’è stata una crescita, sia pur minima (1%) dei lettori, arrivati a 25 milioni complessivi

E non è un dato per niente confortante. Se si continua la lettura, si leggono anche “tagli” alle biblioteche. Infine, il dato che più mi preoccupa:

A snobbare il libro sono soprattutto i giovani: il 45 % di loro in età dai 6 ai 19 anni non ne legge neanche uno al di fuori di quelli scolastici. Se si “sgranano” questi dati per età, poi, si evidenzia un fattore ancora più preoccupante: a formare la fascia più consistente di “non lettori” sono i ragazzi tra i 6 e i 17 anni (29 milioni e 400 mila).

Per questo credo che gli ebook per adesso saranno un grandissimo flop. I lettori hi-tech sono  giovani (ce li vedete i nostri genitori con un ebook reader in mano? Più o meno come la pubblicità di Totti, insomma), mai i giovani preferiscono la Wii o la PS3. Oppure, come sempre, Emule.

Secondo punto. Una fascia d’età molto difficile, che non legge neppure sotto tortura. Ecco, adesso non voglio più sentire un commento sulla Meyer o su Moccia. O dei quattrocentocinquanta libri sui vampiri.

Perché non è colpa degli editori, ma dei lettori.

Gli editori pubblicano il minimo insindacabile e rispondono alle esigenze di quella fascia d’età.

Che vi piaccia o no questa è la verità.

E’ vero, confido anche sui lettori dai 20 ai 30, ma resto molto dubbioso. Vediamo.

Adesso un sondaggio, visto che le mie inclinazioni di scrittore non sono premiate dalle statistiche:

Mi metto a scrivere:

a) romanzi rosa per casalinghe sfigate e represse.  Descrizioni anatomiche a go go.

b) thriller alla Faletti. Anche se triti e ritriti, funzionano sempre.

c) romanzi densi e indimenticabili come quelli di Volo.

Ma anche no, grazie. Sto bene così.

Si ricomincia

Come avrete notato, la frequenza dei post si è un po’ diminuita ultimamente. Il motivo già lo sapete: ho riniziato a scrivere e il tempo non c’è. Prima il setup, poi il plot, quindi la pianificazione.

Infine, la prima pietra. Detta anche prologo.

Un nuovo inizio, dunque, un libro molto particolare. Per adesso non vi anticipo nulla, è molto presto. Chissà,  forse potrebbe vedere la luce anche quest’anno.

Nel frattempo, mi ritiro a scrivere.

Snow + Anne Rice – Vook

Neve a Roma, come si legge un po’ ovunque. Evento raro, così come accadeva a Grosseto, circa una volta ogni 10 anni. Un’imbiancata deliziosa, che rende piacevole il freddo perfino a me, anche se durerà solo qualche ora e poi tutto tornerà come prima. Con qualche incidente stradale, perché i romani non sono ovviamente abiutati.

Ancor meno io, che mi sono fatto una decina di Km in moto sotto la bufera. Velocità massima 10 Km/h, tempo quasi un’ora. Congelamento: totale.

Ma ridiamoci sopra, visto che è venerdì.

Leggo un interessante articolo su Panorama: Anne Rice si dà al video libro, un racconto sui vampiri che scrisse qualche anno fa. Il formato, tanto per rimanere sul tema ebook e nuove tecnologie, sarà il vook ossia:

un vook è una sorta di ipertesto, un file multimediale che integra la parola scritta, video, audio e social network.

Leggere un vook è come leggere un romanzo su facebook, durante la narrazione compariranno filmati che integrano la storia, e man mano che si prosegue nella lettura è possibile condividere commenti e impressioni con altri utenti connessi al network. Se davvero l’iPad cambierà il modo di leggere romanzi, questo sarà anche dovuto al fatto che dopo secoli l’esperienza di lettura smette di essere un’esperienza puramente individuale per diventare un’esperienza “condivisa” in tempo reale.

Una sorta di digibook. Trovo l’idea (già usata da altri autori) interessante e all’avanguardia, capace di invogliare anche i lettori più pigri e rivoluzionando il concetto di libro.

Cosa ne pensate?

Letture in aereo (2/2): Leggere a metà

 

In volo per Helsinki, mentre attraverso l'appennino innevato che vede nella foto, leggo un articolo di Filippo la Porta sul Corriere della Sera. In pratica il giornalista riprende un'affermazione di Santiago Gamboa apparsa sul Paìs, che ama Sollers pur non avendo mai terminato i suoi libri.

Pag 100 o 200. E' la stessa cosa. Non occorre terminare un libro per capirne… il "sapore". Come una minestra, se ti piace non occorre finire la scodella per apprezzarla.

Non è un'affermazione del tutto sbagliata. I bravi scrittori non sono motori diesel. Sono capaci dalle prime pagine a immergere il lettore nella loro realtà (o finzione), far respirare loro l'Atmosfera, percepire lo scorrere del Tempo. Fargli toccare gli Abiti. I Profumi. la Musica.

Mostrare al lettore come se fosse la prima volta.

Questi sono i bravi scrittori. Non quelli che costruiscono premaboli di cento pagine, dopo le quali inizia la narrazione. Purtroppo non ci sono scusanti. Occorre professionalità. E per raggiungerla, sudore. 

Comunque, l'affermazione di Gamboa è vera fino a un certo punto. Prendiamo i gialli, i noir, o i thriller (OT: sto leggendo Fitzek, niente male) in questo caso la trama e l'intreccio non sono fattori secondari. Sono lo scheletro del romanzo. Con un finale che non sia scontato. Libri particolari, non per forza commerciali. Che sanno attirare il lettore nella loro ragnatela, prendersi gioco di lui, rivelargli la verità quando meno se l'aspetta.

Le parole di Gamboa mi hanno colpito. Mi fanno capire quanto c'è sempre da lavorare. Per migliorarsi.

Che ne pensate?