If you pay, I’m more than happy

Pochi giorni fa parlavo con un editore, e il discorso è finito sul tema case editrici a pagamento. L’editore, pur essendo contrario a questo tipo di commercio che non è editoria, si è dimostrato alquanto felice.

Perché, grazie all’editoria a pagamento, riceve meno manoscritti di dubbia qualità.

Perché, grazie all’editoria a pagamento, non si trova tra i piedi autori che non credono nel proprio romanzo.

Perché, grazie all’editoria a pagamento, ha a che fare con meno autori arroganti che non sanno aspettare e cedono al proprio egocentrismo.

Perché, grazie all’editoria a pagamento, la mamma degli imbecilli è sempre incinta.

Alla fine della discussione, con mia sorpresa, ero d’accordo con lui.

23 Commenti

  1. E mi trovi d’accordo con voi due xD Perché se un autore accetta di pagare per vedere pubblicato il proprio lavoro, allora questo non vale molto. Personalmente preferisco che il mio romanzo resti nel cassetto perché non degno di essere pubblicato, piuttosto che farmelo pubblicare a pagamento anche se fa ribrezzo ^^
    Con questo non dico che non ho fiducia nel mio lavoro, ma un autore che si vuole immettere in questo campo e non ha esperienze, non può sapere quanto effettivamente valga il suo scritto. Quindi la mia formula è inviare con fiducia, e nel caso di rifiuto riguardare umilmente il lavoro per cercare di migliorarlo, se mi è possibile.
    Magari sbaglio, però la penso così ^^

  2. Sembra un discorso sensato e forse per certi versi lo è ammesso che l’editore in questione sia un serio professionista che rispetta la dignità professionale delle persone (anche se giovani e(o esordienti) e come Editore/imprenditore sia pronto a rischiare e a scommettere su idee e progetti nuovi o innovativi. FAtte queste premesse non si può che essere d’accordo.

  3. Pagare per pubblicare il proprio libro NON è un trampolino di lancio.

    I motivi sono due. Il primo lo ha già spiegato Maurizio. Il secondo è di natura pratica: con una casa editrice a pagamento, quando si può vendere?
    Pubblicare a pagamento non è solo segno di inesperienza e mancanza di fiducia nel proprio lavoro, ma anche di mancanza d’ambizione. Pubblicare a pagamento è volare basso.
    Chi usa questo stratagemma come trampolino di lancio, o è stupido o è ignorante.

    Comunque, concordo perfettamente con l’articolo. Francesco, hai perfettamente ragione.
    Meno deficienti in giro e strada un tantino più sgombra per coloro che davvero meritano.

  4. Ma non sai quante persone ho sentito giustificare il gesto con: “da qualche parte bisogna iniziare”, “almeno non sono più esordiente e avranno un occhio di riguardo”, “si parte così e poi si arriva alle altre”.
    Oppure, la giustificazione più frequente: “ho pubblicato a pagamento perché non si pubblica in Italia se non hai spinte e raccomandazioni”.

    Non ho scritto il post tanto per 🙂

  5. “Da qualche parte bisogna pur iniziare”? Ok, ma pubblicare a pagamento non è iniziare!
    “Almeno non sono più esordiente e avranno un occhio di riguardo”? No caro, se pubblichi a pagamento sei ancora un esordiente. Venderesti più copie per conto tutto, porta a porta. E sì, grande occhio di riguardo per chi si comporta da masochista/ignorante/stupito, proprio -.-
    “Si parte così e poi si arriva alle altre”? Certo, un massimo di 300 copie vendute (se va bene) ti lanciano davvero in alto, come no. Senza contare che il 99,9% dei romanzi pubblicati a pagamento fa schifo.
    “Ho pubblicato a pagamento perché non si pubblica in Italia se non hai spinte e raccomandazioni”? -.-” spesso, purtroppo, è vero. ma non è sempre così. E non mi sembra un buon motivo per pubblicare a pagamento alias “suicidarsi”. Bisogna conoscere bene il mondo dell’editoria, capire come presentare al meglio il proprio romanzo. Il tutto premettano al qualità dello stesso.
    Purtroppo, viviamo nella società del “tutto subito e facile”.
    Ti piace cantare? benissimo, vai ad Amici e diventi cantante senza studiare. Chi se ne frega se dopo 10 anni finisci all’ospedale con dei noduli alle corde vocali.
    Vuoi scrivere? Benissimo, scrivi alla cavolo, senza alcuna conoscenza tecnica. Chi se ne frega dei lettori! E quando vorrai pubblicare, facile, basta pagare.

    -.-”

    Non c’è da stupirsi, purtroppo, del pensiero di certa gente.

  6. Cosa c’entra amici? Mica si paga. E’ ne più ne meno di un concorso e chi ti dice che chi vi partecipa non studi? E come trampolino, per alcuni, non per tutti ha funzionato. Poi quella dei nodduli alle corde vocali dopo dieci anni dove l’hai pescata? Hai esempi?

  7. Non importa che mi ripeta su questo argomento, siamo sulla stessa lunghezza d’onda, Francesco.
    Piuttosto, che plugin hai usato per votare gli articoli che scrivi (mi riferisco alle stelline subito sotto il post 🙂 )?

  8. sì certo messa così potrebbe persino avere un senso, eppure un editore che non riceve testi idioti saprà poi capire di avere davanti un testo eccellente? Il discernimento lo si acuisce grazie alla merda che ti trovi davanti, solo così la saprai distinguere dalla cioccolata. Se gli editori non avessero più a che fare con manoscritti di autoricchi, come potrebbero avere l’allenamento a scovare quelli bravi? (qui diamo per scontato che abbiano questo fiuto, ma si potrebbe pure discutere di questo).
    Quindi no, non sono d’accordo, non si può vestire una racchia da modella e dire che è gnocca (mi si perdoni il paragone assai berlusconiano) solo perché indossa abiti di lusso. Nella fattispecie l’editoria a pagamento è la racchia. Punto. È un male. Fa male a chi scrive che non saprà mai migliorarsi, fa male agli editori, alla cultura. No proprio non la riesco a vedere come un bene. Sorry.

  9. @Eleas – Mi pare che tu stia travisando completamente lo spirito del post, che mi pare evidente tanto che gli altri lo hanno compreso perfettamente.
    E ti assicuro che un editore sa distinguere la cacca dalla cioccolata.

  10. Grazie Francesco 🙂
    Sì, Francesco lo spirito del post è un altro, ma l’osservazione di Eleas non è sbagliata, si potrebbe aprire un’altra discussione su questo argomento. E non è così scontato che un editore sappia fare giuste valutazioni: un conto è un libro che vende, un conto è un buon libro. Questo tuttavia, come detto, è un altro argomento.

  11. @M.T. – Dipende cosa intendi per “giuste valutazioni.” Un libro che a te è piaciuto moltissimo per me può essere un disastro totale. C’è sempre un margine di gusto personale.
    Poi, dipende dall’editore, naturalmente. Ho espresso il mio disappunto per la Casini, in riferimento al libro della Boni. Ma anche una Mondadori, per quanto se ne dica, pubblica dei libri che non sono minimamente paragonabili a quelle cose di Albatros.

  12. Albatros non è editoria, è speculazione.
    I gusti personali influiscono sulle scelte e si sa che gli editori prima di fare una scelta fanno valutazioni sulle possibilità di vendita di un libro. Ognuno fa le sue scelte, ma che le porti avanti professionalmente.
    Ha fatto l’esempio di Boni e Casini e anch’io ho criticato il modo è cui si è lavorato sul testo, sull’editing.
    Non è l’unico caso, ce ne sono altri. Davvero agli editori non arriva nulla di meglio?

  13. Da quanto ho capito, il livello è molto molto basso. E non è facile trovare la perla in mezzo alla marea di robaccia. Motivo per cui molti editori si affidano alle agenzie, che presentano romanzi decenti.
    Ovvio, poi c’è il compromesso commerciale, perché un editore non è una onlus.

  14. può essere fra’ mi rileggerò il tutto, mi sa che in sti giorni dei miei tre neuroni due sono in corto l’altro mantiene su i sistemi vitali

  15. mi son riletto il tutto, capisco lo spirito del post, ma la mia osservazione resta. È un filtro antispam, ma io controllo sempre lo stesso perché il filtro non è perfetto e se non lo faccio mi perdo qualche mail importante.
    Non so non mi convince affatto questa cosa, io da lettore PRETENDO che l’editori si smazzi pure la merda, anche perché i libri li pago cari.
    Sul tuo discorso del vende vs è oggettivamente bello, chiaro che tutto è opinabile, ma credo che un imbecille qualsiasi sarebbe in gradi di dire Twilight letterariamente è una cagata, grammaticalmente potrebbe averlo scritto un dodicenne, in più è copiato, MA VENDE quindi va bene. Siamo d’accordo i fatturati contano, ma allora io non sono trattato da lettore, bensì da cliente cui si deve vendere qualcosa a prescindere dalla sua bontà.
    E la stupidità degli editori la vedi dall’atteggiamento che hannoa ssunto nei confronti dell’ebook (non tutti ovvio), ma già solo l’utilizzo del drm da la misura della miopia.
    Tornando a bomba (chiedo scusa se divago, ma sto facendo andare il neurone residuo in multithreading su sistemi vitali e coordinamento dita-cervello). Albatros non semplifica la vita all’editore. Lo fa solo apparentemente, soddisfa una sorta di pigrizia. Perché un editor accorto potrebbe scovare tra la merda che finisce da albatros robetta che con un po’ di lavoro attorno potrebbe diventare buona, ma se la lasci lì non lo diventerà mai.

  16. Ci riprovo. Il senso del post (così come le parole dell’editore) erano puramente ironiche, così come sono sempre stato contrario all’editoria a pagamento. Il sotteso è ancora più semplice: chi pubblica a pagamento crede che sia un punto di partenza, perché non sarà più il signor nessun al prossimo romanzo. Ma ovviamente non sarà così perché l’editore non apprezzerà affatto questo curriculum. Anzi, forse sì, perché gli farà capire quanta poca passione nella scrittura e il troppo ego.
    Secondo punto, sempre ironico, sulla mole dei manoscritti che non gli dovrebbero più arrivare: ovviamente è ironico anche questo, gli esordienti spediscono i romanzi broadcast a tutti gli editori, a pagamento o non. Quando l’editor prende il manoscritto in valutazione, non cerca su internet se il ciglione ha già sborsato migliaia di euro per pubblicarlo (possibile che sia accaduto, visto che quegli editori rispondono nel giro di poche settimane, senza leggere il testo).
    Punto Meyer, torno non concordare. Perché non prendersela con le centinaia di romanzi rosa che sono pubblicati ogni anno? Semplice, perché non hanno la stessa eco. La Meyer scrive un tipo di romanzi, romance con sfumature fantastiche, attingendo e reinterpretando la figura dei vampiri. Non ti piace questo genere? Semplice, non leggerlo. Niente di più semplice, ma trovo pretestuoso accusare l’editore di commercio e il lettore di demenza se piace quel tipo di romanzo che seppur nella sua leggerezza fa il suo sporco lavoro: intrattenere il pubblico a cui è rivolto. Tutto qua.

  17. ok compresa l’ironia, era parecchio sottesa eh, ma magari il mio mezzo neurone non la contempla nella sua situazione.
    Sulla Meyer non concordiamo no, ma voglio dire non possiamo sempre essere d’accordo su tutto. Sia chiaro, io non dico che gli editori debbano diventare enti benefici, so bene che c’è da vendere e che i rendiconti trimestrali debbono essere in attivo ecc. lo so, lo capisco. Ma DEVE esserci pure altro. La Meyer la leggo eccome, altrimenti come posso farmi un’opinione (i romanzi rosa proprio non ci riesco eheheh). Ma leggendola mi rendo conto della pochezza del soggetto, della squallida traduzione eccetera. Il che mi fa pensare che la cosa piaccia ai teenager perché richiama i loro tormenti esistenziali, ma finisce lì, il fantastico è affogato in banalità che sono volta a volta o scopiazzate da chi ha scritto prima di lei il diario del vampiro o cosacce autoctone. Ma non vorrei divagare troppo.
    Restando agli autori mi intreressa assai di più la questione ebook ma ne parlerò presto e diffusamente dalle mie parti o sul nuovo blog, però credo sia cruciale. Userò anche l’articolo assai interessante che avevi scritto tu tempo addietro.

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