Inno a Frida Kahlo

Allora dipingeva, piangeva, piangeva, dipingeva.
Come per sfidare il suo aborto, una specie di morte di se stessa, dipinse La mia nascita, in cui una donna distesa, la parte superiore del corpo ricoperta da un lenzuolo – come i morti -, a gambe divaricate, partorisce un bambino la cui testa (a occhi chiusi, come un morto) esce dal corpo di lei su un letto macchiato di sangue. Quest’ultimo si trova nel mezzo di una stanza vuota, al muro è appeso il ritratto della Mater Dolorosa, pugnalata due volte al collo.
Nascita, parto o morte di Frida? Nascita o morte del bambino? Oppure rinascita?
Frida era decisa a dipingere il suo universo, reale o simbolico, senza che alcuna morale o estetica venisse a ostacolarla. Nel dolore, Frida era libera. “
Da poco ho terminato la lettura della biografia di Frida Kahlo. Già veneravo i suoi quadri, tanto da ispirarmi una scena di Estasia 3 Nemesi, adesso adoro anche la persona. Frieda, il suo vero nome, è stata una donna eccezionale, forse una delle pittrici più importanti del 900. Distrutta dalla poliomielite e da un incidente, è l’incarnazione del dolore che si riflette poi nella sua arte. Amori difficili, che forse Frida idealizza, specie quello con Diego Rivera. Un animo selvaggio, rivoluzionario, eppure sensibile e fragile. Amica di Picasso, nemica di Dalì, Frida ha realizzato decine di autoritratti, in cui esprimeva il mondo che la circondava e ogni sua emozione, con tinte forti e decise. Quadri in cui ama persino esasperare le folte sopracciglia, unendole proprio sopra il naso per formare una v. Che ricorda le ali di un uccello, della libertà.
Vi consiglio di leggere questa biografia, fra l’altro uno spaccato storico interessante che vi catapulterà tra Messico, Stati Uniti fino a Parigi.

6 Commenti

  1. beh un'artista tormentata, com'è giusto che sia. solo gli animi inquieti cercano altre vie verso la felicità o semplicemente verso se stessi e in questa ricerca alcuni di loro trovano una vena comune ad altri individui, un'affinità che permette a occhi esterni, lontani sia nel tempo che nello spazio, di capire o di carpire il messaggio.
    evidentemente quella sottile vena invisibile ti ha attraversato un giorno mentre guardavi una sua opera. 🙂

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    ho appena scritto una cosa molto seria, ma ciò non mi impedirà di puntualizzare una cosa: lei il tormento lo viveva dentro di sé, tu, invece, lo vai gettando a destra e manca (spesso sui tuoi personaggi, ahimè)

  2. uhm… ma non lo ero già?
    allora perché hai inventato il mio personaggio se non per sfogare su di lui tutte le tue isterie?

  3. Pingback: Tamara de Lempicka | Il Sito Ufficiale di Francesco Falconi

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