Povera Gente

Lo riporto qua sotto, lasciandolo come l’originale, con i suoi refusi ed errori, con la sua verità. E lo lascerò così, senza commentarlo. Chissà forse era sua intenzione poterne fare un vero libro, pubblicarlo come ho fatto io con Estasia. Non sarà la stessa cosa, ma in un certo senso, Frammenti di vita ha avuto la sua pubblicazione.
Ti voglio bene.

Frammenti di vita

A Istia o per meglio dire al Ponte, mio fratello mi aveva avviato ai giochi campestri : caccia alle lucertole, filotto con noccioli di albicocca,ricerca dei nidi di uccelli, bagno nel temutissimo Ombrone. con viva disperazione di Delia che spesso veniva a cercarci con una canna, non disdegnando , ogni tanto di darci qualche punizione.

Ricordo che una volta , mentre attraversavo il fiume sul barcone che era collegato alle sponde da un canapo che veniva tirato da uno o più “ traghettatori, nell’intento di voler aiutare quegli uomini ,per in improvviso sobbalzo del barcone caddi in acqua rischiando di affogare ,solo grazie al  provvidenziale aiuto del mio fratello Alfiero e di un amico,Raffaello .

Mia mamma, assisteva dalla sponda impaurita a ciò che accadeva e , una volta arrivati  a terra mi accompagnò a casa a suon di bacchettate nel fondo schiena.

Non aiutai più a tirare il canapo!

Nonostante qualche piccola disavventura, la mia adolescenza passava tranquillamente, ero sempre fuori, sereno, a giocare con gli amici Athos (il pancione), Rodolfo (testa di ciuco), Roberto (il tartaglione), Emireno, Leo (labbro di pecora), Giuliano (guardanuvole)

A proposito il mio era mozzo ( forse perche’ ero piccolo? ) e il rossino, per via dei miei capelli che tendevano al colore rossiccio.

I nostri giochi finivano quasi sempre a…. cazzotti, senza quasi mai saperne il motivo.

La notte si andava a rubare la frutta negli orti vicini, e le uova nei pollai, di giorno cacciavano le lucertole, e spesso si faceva la “ sassaiola “ contro gli Istiaioli vicino ai vecchi lavatoi.

Loro( istiaioli), lanciavano i sassi dalla salita e noi li rimandavano al mittente con scarso successo dato che per la legge di gravità loro erano avvantaggiati.

Però , se la memoria non mi tradisce, lassù qualcuno ci guardava .poche’ nessuno ha mai avuto serie ferite , se non qualche bernoccolo in testa .

Io legavo molto con Rodolfo, eravamo come due anime dentro a un nocciolo, dividevamo le nostre gioie e i nostri dolori, e devo ricordare che spesso Rodolfo, più forte fisicamente di me, mi difendeva dagli altri, quando, come spesso accadeva perche’ eravamo due rompi, andavamo a stuzzicare il can che dorme.

Si frequentava la scuola Elementare di Istia, stessa classe e tra noi due, era sorta una specie di disputa nelle varie discipline scolastiche.

Quando Rodolfo dovette abbandonare la scuola perché i miei zii , si trasferirono a Grosseto, fu per me un colpo molto grave , risentii per molto tempo la mancanza del mio cugino, che per me era un punto di riferimento importante .Comunque la mia vita continuò come prima, giocavo con tutto ciò che mi capitava, con i sassi e talvolta anche con cose strane, come per esempio una volta che nell’uliveto vicino casa trovai uno strano oggetto; cercai di aprirlo con un sasso , batti e ribatti all’improvviso partì una scintilla e poi una fiammata che mi colpì vicino ai santissimi zibidei, ancor oggi ne porto una vistosa cicatrice.

La sera , si andava a prendere il latte da Rita, una discreta ragazza , più grande di noi. Eravamo una decina di ragazzi e ragazze, io facevo di tutto per essere al centro dell’attenzione delle femmine. Spesso andavo a casa di Rita di cui ero innamorato  (ma lo sapevo solo io), a guardare i billi nei prati, che mangiavano avidamente le cavallette .

Volevo fare qualcosa ma non riuscivo a prendere alcuna iniziativa , rimanevo come imbambolato.

Ero molto piccolo, quando a causa della guerra , dovetti trasferirmi con tutta la mia famiglia a Poggiospecchio, un podere sotto Roccastrada, dove abitavano nonno Beppe e nonna Santa e i loro figli. La vita di campagna mi rasserenava ancora di più, mi dedicavo(nel mio piccolo ) ai lavori agricoli in modo spensierato, divertito, sempre sotto sorveglianza di nonno Beppe un vero personaggio . Buono ma di aspetto rude, grintoso, che incuteva a chi non lo conosceva paura.

 

Erano gli anni della seconda  guerra mondiale, e tutti furono costretti a rifugiarsi a Giugnano, a pochi kilometri distante ma ritenuto più sicuro. Era una fattoria molto bella , il podere ampio e robusto aveva una grande sala da pranzo,  sopra questa una soffitta alla quale si accedeva con una scala di legno a pioli. Da lassù si godeva uno stupendo panorama ed era incantevole soffermarsi respirando l’aria profumata che penetrava attraverso una finestrella .

Era un mulino che aveva una grande aia dove mia nonna e mia mamma allevavano i coniglioli (come si chiamavano in campagna), piccioni,oche  galline ecc.insomma tutto quanto potesse servire a smorzare la fame che noi in realtà non abbiamo mai sofferto.

La nostra vita, nonostante tutto ciò che ci accadeva intorno per la guerra, procedeva tranquillamente, ma fu turbata per l’arrivo improvviso a Giungano di un fuggiasco russo, scappato  chi sa da  quale battaglione, su di un bellissimo cavallo bianco.

Hans era il suo nome.

Mio nonno Bebbe voleva mandarlo via per paura dei tedeschi , ma poi di fronte a quella faccia pulita ed impaurita lo fece nascondere nella soffitta.

Dopo alcuni giorni arrivarono i tedeschi con i loro carri armati, e tutto l’armamentario che si portavano dietro. Il capitano dava ordini precisi e secchi ai suoi uomini  e mostrò subito nei nostri confronti rispetto. A volte andavamo nel vicino torrente chiamato Bai con lo zio Anchise, molto bravo a cacciare le anguille con la forchetta. Il “ Capitano “  si dimostrava in quelle occasioni divertito e stupito da tanta maestria e ciò me lo faceva apparire simpatico, ma la simpatia veniva subito meno, quando dalla sua bocca partivano quegli ordini così secchi  che mi mettevano paura.

La vita, proseguiva lentamente sempre sotto l’incubo che i tedeschi, prima o poi scoprissero il nostro segreto ; il “ Russo “ in soffitta. Ciò poteva addirittura dire per i grandi la fucilazione per avere aiutato un nemico.Ricordo che un brutto giorno il capitano chiese a mia nonna cosa c’era sopra la botola del soffitto e Santa (mia nonna ) spiegò tra un sospiro e un po’ di tremarella che c’era un vecchio soffitto abbandonato e con il tetto pericolante…..

Finalmente il “fronte” passò. I tedeschi se ne andarono e poco tempo dopo anche il russo prese la strada del ritorno, ringraziandoci per tutto quanto avevamo fatto , salendo sul suo cavallo bianco .

Dopo pochi giorni anche noi ritornammo a Poggio specchio e la vita cominciò a riprendere normalmente , magari con un po’ di più di monotonia ma sicuramente più tranquilla e sicura.

Mi dedicavo a certi lavori tipici del podere,come la mungitura delle vacche e delle pecore, la pulizia della stalla, la spargitura del letame,la raccolta della frutta , dove ero un vero maestro, riuscendo a salire sui rami più alti con sorprendente agilità.

Ovviamente non trascuravo i miei giochi,alcuni dei quali anche pericolosi come quello di salire in groppa del somaro che girava intorno al “trinciaforaggi”, attaccarmi al ferro che teneva la ruota per poi farmi ricadere in groppa al somaro, quando ripassava con la sua lenta andatura .

Poggio specchio era un modesto podere,formato da un’ampia cucina a cui si accedeva tramite una breve scala esterna. Al centro della cucina c’era un grande tavolo dove ci riunivamo per mangiare.

Sulla parete di destra un  grande focolare che durante l’inverno era sempre acceso ed era destinato, oltre che alla cottura del cibo, a luogo di riposo e di chiacchiere. Dal soffitto scendevano file di salciccie, buristi, e più i la una lunga carta moschicida attorcigliata ,alcune volte piena di mosche e farfalle.

Davanti alla porta d’ingresso c’era la camera delle zie Ede e Maria, da li si accedeva infine alla camera dei miei nonni. A destra del focolare c’era un’altra camera dei miei zii Ivo, Alideo e del garzone Santi e dove anche noi nipoti si dormiva quando ci  andavamo  in vacanza.Spesso durante la notte si sentivano delle vere “bombe” uscire dai fondi schiena di quei malandrini.

Sotto la casa un ovile puzzolente che ospitava le numerose pecore ed accanto la stalla dove sostavano un ventina di vacche ; vicino la stanza del trinciaforaggi e fuori il forno dove una volta per errore finì arrosto una gazza “ladra” da me caparbiamente  allevata. Il bagno? non c’era, per lavarci si usava la canna della botte posta su di un carro e ci si puliva con qualche sasso facendo attenzione ad usare quelli meno rugosi. O con qualche foglia più larga che madre natura ci metteva a disposizione in abbondanza!

Io non ero proprio incline alla pulizia ,anzi ricordo che una volta per caparbietà mi ero strusciato il sedere sul focolare perché i miei zii mi prendevano in giro. Bene , mia zia Maria mi legò alla ruota del  carro e mi lavò con l’acqua non proprio calda del pozzo con violente secchiate.

Spesso facevamo il bagno , nudi come bruchi,nella “gora” del ruscello Bai ,che serviva per il lavaggio delle pecore prima della tosa della lana. Erano giornate umili , ma vissute con serenità,allegria e quando la sera rientravamo silenziosi a casa ero felice ed appagato.

I giorni dai nonni passavamo lentamente e noiosamente, interrotti soltanto da alcune attività che caratterizzavano la vita stessa del podere, come la raccolta delle olive o la trebbiatura.

Erano allora giorni di festa,l’aia veniva invasa dalla trebbiatrice e dai trebbiaioli  a cui mi aggiungevo in qualità di  “ pollaiolo”uno dei lavori più ingrati che esistevano, ma per me molto ganzo e non capivo perché nonno Beppe mi richiamasse continuamente dicendomi “ ma chi te lo fa fare !

Alla fine della trebbiatura grande festa nell’aia con ricco pranzo , vino in abbondanza ,con chitarra e fisarmonica che strimpellando  davano inizio alle danze ai quali sembrava che volessero partecipare anche i polli sparsi un po’ dappertutto nell’aia.

Meno divertente per me era la raccolta delle olive che per’ faceva arrivare al podere numerosi olivai con i quali , la sera, mi fermavo a lungo a sentire le loro storie e le loro fantastiche novelle.

Durante le sere invernali spesso andavamo a “veglia in un altro podere vicino, ci si riuniva accanto al fuoco del camino, si mangiava le castagne arrosto accompagnandole con un buon vinello, si scherzava, si rideva, insomma era un bel vivere.Quando la guerra , finalmente fini ritorna , con un pò di amarezza a Istia d’ Ombrone nella mia casa , la vita continuava tranquillamente.

Gli anni passavano e finalmente nel 1953 ci trasferimmo a Grosseto , si realizzava cosi’ per me il sogno della mia fanciullezza! I miei genitori avevano deciso di comprare casa e per guadagnare qualche soldo in più presero in affitto un bar ( più che un bar era una bettola) frequentato da buon bevitori che nemmeno si accorgevano quando la mamma usava riempire il fiasco del vino con acqua , cosi’ tanto per guadagnare qualche soldino in più!

 

Gennaio 2001

Mi accingo a scrivere i ricordi più vivi ed importanti della mia vita, quando le mie condizioni fisiche e psichiche non sono certamente delle migliori,sicuramente a causa delle vicissitudini attraversate lo scorso anno. Adesso sono libero da impegni di lavoro in quanto  dal  Settembre  del 2000 sono in pensione dopo 36 anni di “onorata carriera “Ero appunto a scuola , quando al ritorno a casa ricevetti una telefonata dall’Ospedale che mi informava che dovevo recarmi immediatamente là per sottopormi all’intervento. Durante il viaggio non ebbi modo di rendermi conto dell’importanza dell’evento e anche durante le fasi preliminari di preparazione fui eccezionalmente tranquillo,e ricordo che prima di essere sottoposto all’intervento chirurgico, scherzavo serenamente con l’anestesista.

L’operazione si risolse brillantemente e nonostante la lunga durata ( circa 8 ore ) al risveglio mi sentivo abbastanza bene ,sia sotto l’aspetto fisico che psicologico.

 

Mercoledì 24 Maggio 2000

E’ un giorno splendido per me, finalmente vengo dimesso dall’Ospedale. I controlli quotidiani dopo l’intervento sono stati sempre nella norma e questo mi ha consentito di lasciare l’ospedale 15 giorni dopo l’intervento.

Ora mi senti come rinato, lì e’ depositata  la mia energia e forza  fisica.

Ringrazio con tutto il cuore l’ignoto donatore soprattutto perché ora nel mio corpo trovano posto sentimenti ed emozioni nuove che mi hanno spinto , durante questa convalescenza a raccogliere e riordinare i principali ricordi della mia vita ormai sessantenne.

5 Commenti

  1. Preziosi sono i ricordi che permettono di vivere accanto a noi a chi fisicamente non c’è più.Il senso di molte cose pian piano si fa chiaro…Non smettere mai di scrivere Fra e soprattutto non smettere mai di credere.

    Sono sicuro che sorride molto!

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