Sul fantasy. Sugli esordienti. Sui perché.

Mi capita spesso di leggere manoscritti di esordienti. Non più in maniera privata perché non ho più tempo, ma per agenzie ed editori. Ecco, alcune volte rimango basito. E non poco.

Un esempio di sinossi.

Il libro parla di un mondo parallelo, con riferimenti alle note saghe di Tolkien e al mondo del medioevo. Dopo un lungo periodo di pace, il mondo di *** sta per essere devastato da una terribile guerra. Il Re *** ha appena perso il suo primogenito a causa di una grave malattia, i regni confinanti sono pronti ad attaccarlo per ottenere il suo potere. Quando la principessa *** viene rapita dal temibile ***, la guerra si scatena. Il Re allora stipula un patto con lo stregone *** affinché lo aiuti a vincere la battaglia contro ***, il figlio del Re del Male. Ma quest’ultimo ha mezzi ben più terribili per spazzare via il potere di ***, grazie a un esercito forgiato dalla magia nera del Signore dei Draghi ***. La principessa rapita, però, presto si innamorerà del nipote di ***, e le sorti della battaglia si ribalteranno ancora una volta, fino all’imprevedibile finale.

Me lo sono inventato, ovviamente. Sostituite agli *** le parole più incomprensibili e impronunciabili che vi vengono in mente. Aggiungete qualche altro sprizzo di fantasia, se ci riuscite. Alla fine otterrete una delle centinaia di sinossi che arrivano agli editori ogni giorno.

Ecco, adesso domandatevi perché un libro così non funziona, e perché viene cestinato senza neppure aprire la prima pagina.  Spesso rinunciando a notare come magari l’autore era bravo, almeno a livello stilistico. Eliminate per un momento, se ci riuscite, ogni preconcetto di complotto, mazzetta, spinta e armageddon. Perché, vi assicuro, ci sono agenzie ed editori che farebbero salti mortali per trovare una storia nuova, fresca, diversa.

A questo punto chiediamoci se quest’autore ama il suo stesso libro. Perché, come sarebbe ovvio e giusto, uno scrittore dovrebbe scrivere ciò che gli piacerebbe poter leggere. Ora, vista la mole di romanzi di questo tipo, ne segue un bacino immenso di lettori di fantasy classico, high fantasy, S&S. Chiamatelo come vi pare. I numeri in libreria, eccezion fatta per Martin e pochi altri, non confermano questa tendenza. Tutt’altro. Quindi, se 1+1=2, questi esordienti scrivono un genere che poi non leggono (oppure, cosa ancor più frequente, non leggono proprio). Infine (della serie al peggio non c’è fine) sarebbero portati per il thriller o il chicklit, ma un’essenza ultraterrena gli ha fatto credere che il fantasy venda.

Prescindendo da logiche di mercato e di moda di generi e sottogeneri, diverse cose non tornano. Sono più propenso a pensare che ci sia un deficit di amore per  la propria storia. Deficit o totale assenza. Siamo alle solite, quindi. L’illusione di una fama o di una ricchezza. L’inganno dei media che spingono a credere al successo delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, di Harry Potter o di Twilight. Spingono a un’emulazione con una storia che non gli appartiene.

Ed ecco il disastro.

Rovescio della medaglia. In un periodo in cui trovare una collocazione per l’high fantasy è molto, molto difficile, è anche sbagliato negare l’esistenza di autori che amano questo genere. E che potrebbero scrivere storie davvero interessanti. Una possibilità che però sarebbe potenzialmente negata da un fattore commerciale, e di pubblico. Il consiglio, in tal caso, è di attendere. Lasciare il romanzo nel cassetto, se veramente lo riteniamo valido, rifiutare pubblicazioni a pagamento. Aspettare che torni la buona luna. Perché l’editoria funziona così, basta guardarci attorno. Tipo una sinusoide.

Ma, prima di tutte queste congetture (che tali sono e tali restano) serve forse un esame di coscienza. In primis, scritto lo scheletro di una storia, dobbiamo domandarci se siamo stati onesti. Se questo è il primo libro che compreremo appena varcata la soglia di una libreria.

Già. A proposito. Perché di questi tempi entrare in libreria sarebbe già un bel passo in avanti.