A presto!

Si chiude la saracinesca per un paio di settimane.

Vi lascio sotto una bella rivista da leggere sul fantastico, dove c’è anche una mia intervista. La foto era la migliore che avevo. Fa schifo, che ci devo fare.

Vi segnalo anche una recensione uscita oggi sul Blog Esedion.

Buone vacanze!

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It’s always darkest before the dawn

Sotto consenso dell’autore, che preferisce rimanere privato, pubblico la sua email.

Un grazie per le belle parole non sarà mai abbastanza.

Ti ringrazio di avermi fatto leggere un libro che mi è piaciuto molto.
Intanto mi ha intrigato la copertina, prima ancora di scoprire quanto fosse azzeccata per la storia: una figura aggraziata, statica come un’icona o un simbolo, di un bianco puro, chiaro ma non luminoso; figura che contrasta con quella fiamma nera in movimento che sono i capelli del soggetto ritratto.
Io sono convinto che gli e-book abbiano uno svantaggio rispetto a un libro: il libro può essere bello o brutto, ma esso, comunque, è; e spesso un libro non si limita a esistere, ma con i suoi particolari diventa dapprima un faro di curiosità per chi lo guarda, e poi una specie di totem che custodisce parte delle emozioni provate da chi lo ha letto. Questa convinzione è confermata con Muses.
Poi mi è piaciuta Alice, per diversi motivi.
Primo, è psicologicamente molto, molto ben tratteggiata nella sua complessità e nei suoi conflitti interni, per non parlare della crescita interiore, travagliata ma coerente, appassionante e gratificante da seguire.
Ho letto molti meno libri di quanti vorrei, ma in molti di questi la profondità psicologica del protagonista è molto scarsa: non si sa come pensa, cosa prova, a volte neppure se è buono o cattivo; gli eventi che lo investono non si limitano ad illuminarlo ma lo plasmano, quasi a conferma che egli non ha una psicologia sua propria; in definitiva, leggendo storie così si sa cosa accade al protagonista, come reagisce, ma non com’è.
Qui no. E tant’è che alla fine mi sono appassionato e mi è dispiaciuto – accidenti a te! – di come è andata a finire… ma questo vuol dire che hai fatto il miracolo, perché per dispiacermi vuol dire che prima avevo finito per affezionarmi a Alice e a tifare per lei; ritengo che questo sia l’effetto che fa un buon libro.
Secondo, è un antieroe.
Fin troppi protagonisti buoni, dalla vita semplice e magari un po’ monotona, si sono improvvisamente trasformati in Rambo appena è capitato loro qualcosa: per quanto le vicende della vita possano segnare, a volte in questo c’è qualcosa di forzato, irreale.
È infinitamente più “completo” leggere dell’esperienza opposta: una ragazza che arma il suo dolore con la cattiveria e gli impulsi autodistruttivi, e conserva la sua bontà dietro la fragilità, finchè la seconda non viene fuori e sboccia e riscalda il cuore.
Terzo, perché è un personaggio non stereotipato.
Quando si descrive un’adolescenza difficile è fin troppo facile ricadere in un lungo elenco di comportamenti stereotipati considerati tipici della gioventù bruciata di periferia: le spinte autodistruttive, l’amore per la sregolatezza, l’aggressività gratuita…
Qui no. L’Alice aggressiva mi sembra ruvida, essenziale, tagliente, tosta ma non gratuitamente sboccata, e soprattutto è sagace e ironica: ma non quell’ironia celata dietro lo humor newyorkese da donne in carriera alla Sex and the city; piuttosto, anzi, direi la versione heavy metal di Sex and the city, ecco. Per esempio, il pezzo a pag. 105 mi ha colpito: fotografia asciutta e impietosa, perfetta così. E poi gli eventi che illuminano la psicologia di Alice restituiscono infinite sfaccettature di luci e ombre: è bello arrivare alla fine di un libro e scoprirsi ancora a riflettere sulle sue reazioni cercando di decifrarle. È una complessità molto realistica.
Quarto, non c’è solo un antieroe, ma anche un antidestino.
In genere il protagonista scopre di avere un dono, ci fa i conti, lo accetta, si allea con quel dono e grazie a quest’alleanza si schiudono le porte di un destino di grandi imprese e avventure.
Il dono di Alice invece non solo le ha complicato l’esistenza in maniera tragica, ma Alice passa buona parte del libro a combattere per riuscire a non essere travolta da questo dono, e per riuscire a imbrigliarlo prima ancora che a conoscerlo, e poi per ritrovare quella “Alice meno stronza” che rappresenta forse il sogno di una vita diversa, felice.
Ho trovato tutto questo molto intrigante e molto emozionante.
È stato bello vedere Alice riuscire a uscire dalla spirale autodistruttiva che era la sua droga, e voler imprimere una svolta alla sua vita.
È solo la mia opinione e basata solo su quello che ci ho visto io, ma ci tenevo a fartelo sapere.