Informazione

Non è una novità, certo, ma ultimamente sono un po’ sconcertato dal tipo di informazione che forniscono i media.

L’ultimo caso, divertente e allo stesso tempo inquietante, è quello della finta donna aquilana. Ora, due piccole cose, perché le parole si sprecano e neppure ho voglia.

A) è assurdo che un’emittente televisiva proponga delle storie false e recitate spacciandole per vere. E’ disonesto, è un reato. Così come tutti gli altri progettati a tavolino, Grande Fratello compreso, dove  anche se il programma è demenziale spinge i ragazzi a spendere soldi nel televoto. E spendono su storie che hanno un copione. Mi chiedo perché nessuno intervenga.

B) Finché i telespettatori si lobotomizzano il cervello con il Grande Fratello, pace, certo. Ma quando si porta in TV una donna che finge di essere dell’Aquila, osanna il miracolo berlusconiano… be’, il reato è più sottile. Perché strumentalizzato e politicizzato. E perché si scherza su una tragedia.

Poi. Come sapete leggo Repubblica, perché “mi pare” uno dei quotidiani più onesti. Fino a un certo punto, s’intende, perché anche qui spesso noto una vena politica chiara che rende l’informazione meno oggettiva. Quando leggo un’informazione, non mi interessa un commento personale. Voglio conoscere i fatti e basta, ce la faccio da solo a farmi un’idea dell’accaduto.

Poi. Ultimamente non si capisce più una cippa, ovunque si guardi o legga informazione. Certo, voluta, non sempre dagli stessi media. Non si capisce un tubo sulla guerra in Libia, chi fa cosa, cosa fa quello, cosa risponde quell’altro. Nato o non Nato, che vuole la Francia, che fanno gli altri. Confusione totale. Peggio ancora in Giappone. Reattore non reattore, radiazioni basse, no radiazioni alte.

Che bella informazione, non c’è che dire.

Nucleare

Leggetevi questo articolo tratto da Repubblica.

Siamo alle solite. Ci affanniamo in una corsa che sembra non presentare ostacoli, ci fermiamo a pensare alle conseguenze solo quando siamo di fronte a un baratro. Guardiamo nel buio, ne abbiamo paura, facciamo un passo indietro.

E questo che sta accadendo in questi giorni, mentre il rischio della fusione del nocciolo è uno spettro che incombe sul Giappone, risvegliando i vecchi incubi di Chernobyl. Poi passano le ore, i giorni, gli anni, e torniamo a dimenticare cosa la storia ci ha insegnato, perché la sete di denaro e gli interessi prevalicano la nostra salute e quella dei nostri figli.

Nucleare. Ne abbiamo le prove. Sappiamo che possiamo impegnarci quanto vogliamo a costruire una centrale perfetta, ma perfetta non sarà mai. Perché esiste l’errore umano (Chernobyl), perché esiste un destino a cui non possiamo sottrarci (Giappone). Perché, poi, siamo convinti che può essere la strada migliore per dissetare l’ingordigia di energia.

Oppure c’è dell’altro, sotto, da scavare. Perché decidere a favore de l nucleare non implica non essere più schiavi del petrolio. Non implica recidere il legame con i paesi del sud est asiatico. Implica spostare la nostra dipendenza dall’oro nero all’uranio. Significa rimanere impigliati in un’altra ragnatela politica ed economica invisibile, che molti politici tessono senza farci vedere. Nascondendoci altre realtà, come lo smaltimento di scorie radioattive. Un problema enorme, che andrebbe analizzato e risolto ancor prima di far passare dall’anticamera del cervello l’ipotesi di una centrale nucleare. E, soprattutto, non dovrebbe mai venire in mente a coloro che governano un paese che non è capace neppure a smaltire la spazzatura. Spazzatura che rappresenta l’oro, il petrolio e l’uranio della malavita, della mafia, di cosa nostra.

Questa è la verità. Prendiamo esempio da chi ci sta attorno. Prima si seguire come capre i politici, capiamo il problema. Infine, non poniamoci queste domande solo quando vediamo morire le persone.

Perché Chernobyl sembra lontana, nel tempo. Il Giappone sembra lontano, nello spazio. Eppure, se ci pensiamo, sono ogni ora sempre più vicini.