#Artforfreedom Madonna #Revolution in Rome

L’artpop di Lady Madonna si trasforma in Artforfreedom, da ieri una realtà in rete e non solo.

Madonna cambia veste ancora una volta. Fino a pochi mesi fa lontana dai social, eccezion fatta per una pagina facebook. Poi la comparsa su Instagram e la campagna virale di #secreproject, il progetto di un cortometraggio contro ogni forma di discriminazione, fotografia firmata dall’ineguagliabile Klein.

Madonna è andata oltre. Proiezioni in contemporanea in alcune capitali. Toronto, NYC, Berlino, Parigi, Londra e Roma. Ho partecipato all’happening di Roma, alle prime due tappe.

L’ArtforFreedom inizia all’Ara Pacis, alle 22. Sul muro perimetrale dell’Ara Pacis viene proiettato il cortometraggio. Una sequenza di immagini di forte impatto, girate in B/N, un video difficile da digerire ma denso di significati. Il messaggio di Madonna è chiaro: no a ogni forma di discriminazione, no alla violenza, al sessimo, al femminicidio, alla tortura. Noi siamo la rivoluzione. Messaggi che sembrano quasi dei cliché, eppure ogni giorno si sentono verità allucinanti. Non parlo della Russia, parlo della stessa Roma. Se avete seguito le mie interviste, sapete che Alice di Muses è nata proprio da una scena di razzismo.

Sotto trovate il filmato caricato su youtube e scaricabile anche da http://bundles.bittorrent.com/madonna-revolution/

La seconda tappa prevista era il Pantheon. Qui sono sorti i problemi. E’ intervenuta la polizia, negando la possibilità di proiettare il filmato. Legge 1089, così diceva il poliziotto, reato penale per chi proietta su monumento pubblico. E la gente si è incazzata. Urlava, fischiava. Alla fine la rivoluzione per la libertà ha vinto. La polizia si è allontanata, il filmato è stato proiettato. Probabilmente Madonna si vedrà recapitare una denuncia penale, o forse no. Non credo che le interessi più di tanto.

Buona visione.

httpvh://www.youtube.com/watch?v=uXfXrl4K2D4

Finisce l’era Dexter

Dexter è stata una delle serie TV che ho seguito con più entusiasmo negli ultimi anni. Il protagonista era semplicemente magnetico: la sua natura, così folle eppure coerente, mi aveva rapito fin dalle prime puntate. Dexter e l’Angelo Oscuro, il dramma vissuto da bambino, l’assoluta necessità di uccidere ma solo persone malvagie. Il serial killer dei serial killer, come l’hanno definito. Ed era impossibile non innamorarsi anche di Debra, la sorella, solo per il fatto che non riusciva a comporre una frase senza infilarci un “fuck”.

Poi Dexter si è un po’ sfilacciato con le stagioni successive. Forse  fino alla quarta ha retto, poi è andato calando. Era ovvio, la serie TV si basava sulla potenza di un protagonista che a lungo andare diventava ripetitivo e monotono.

L’ottava stagione, l’ultima, è stata terribile. Totalmente inutile, con una sceneggiatura pietosa. Anche il rapporto morboso con Debra, la scoperta della vera natura del fratello, alla fine si sono rivelati solo dei bluff per allungare una serie di successo. E portarla, come è accaduto con l’ultima puntata, al totale disastro.

Niente di nuovo. Ormai si deve gridare al miracolo se una serie TV, prolungata all’infinito, si conclude in modo degno. Basti pensare a Lost, ma anche a Merlin. Il primo per l’incapacità di ricongiungere tutte le fila, il secondo per una conclusione affrettata. La fine di Dexter, invece, è totalmente un no-sense. Non vi darò spoiler, promesso, ma vi dico solo che nelle scene – teoricamente – di maggiore pathos io ridevo. Perché era una sceneggiatura priva di senso. Forse lo scopo era stupire lo spettatore, tanto ormai si era giunti alla fine e non c’era nulla da perdere.

Peccato, perché Dexter, per otto lunghi anni, mi ha tenuto compagnia e mi aveva entusiasmato

Muses iPhone Cake

Rapido post, prima di fiondare al mare.

Non potevo non postarvi le foto di questa bellissima torta che mi è stata regalata ieri. Fantastica 🙂 [grazie a Fabio!]

Vi ricordo che domani pomeriggio, alle 17, mi troverete a San Bonifacio (tra Verona e Vicenza). Domenica, alle 14, a Savona per il Premio Centuria. Dettagli nella sezione eventi.

Buon week end!

Odi et amo

Leggevo un’intervista a Verdone su Repubblica.

Che dire, quoto ogni singola parola. Odio e amo Roma allo stesso tempo. L’amore viscerale per una delle capitali potenzialmente più belle al mondo, l’odio per come viene maltrattata e sottovalutata dalle persone che la vivono. Certo, non sono nato qui. Sono vissuto in Maremma, a Grosseto. Mi sono poi trasferito a Siena, infine a Roma. Ma ho visto tante capitali al mondo. Londra, Parigi, Madrid, New York, per citarne alcune. Città che a mio avviso non possono essere paragonate a Roma, che non nascondono i suoi meravigliosi segreti. Eppure là ti accorgi subito che c’è uno sforzo reale per trasformarle in luoghi indimenticabili per i turisti, ma anche vivibili per gli abitanti. L’attenzione al particolare, alla pulizia, la lotta contro il degrado e il percorso verso la modernità.

E’ un peccato, ma mi trovo d’accordo con Verdone. Forse il problema è che Roma non è amata dagli stessi romani, che forse neppure la conoscono. La subiscono, ci sopravvivono, ignorano i musei vaticani e la cappella sistina, si incazzano incastrati nel traffico. Perché, alla fine, come non capirli? Una città riesci ad apprezzarla solo se viverla non diventa un dramma. Se per uscire la sera non rimani incastrato nel raccordo anulare, che già ti ha strangolato il pomeriggio, se non devi fare a cazzotti per trovare un parcheggio o subire l’imposizione dei parcheggiatori abusivi, se puoi spostarti con mezzi pubblici. Proprio quei mezzi pubblici che impiegano secoli per comparire a Roma, adducendo le solite scuse dei reperti archeologici, quando l’unica verità è che a Roma si magna tanto.

Eppure Roma continua ad affascinarmi, anche dopo sette anni che sono un suo figlio acquisito. Tanto da ispirarmi storie, da viverla nella mia mente e in quella dei miei personaggi.

Resta sempre la speranza che prima o poi arrivi un’amministrazione capace di spezzare questo circolo vizioso. Una frattura che incoroni Roma e la trasformi per quello che è. Una delle più belle città al mondo.

Second Tattoo

Decisi di farmi il primo tatuaggio circa sei anni fa. In un periodo, chiamiamolo mistico, scelsi questo simbolo, tra le scapole sotto la nuca. Amo i tatuaggi, purché non siano invasivi e soprattutto in zone che non siano sempre esposte. Gusti opinabili, ci mancherebbe.

Un mese fa ho deciso di farmene un altro. Lo vedete a sinistra, è una chiave di violino con un pentagramma avvolto.

C’è un significato? Non credo che un tatuaggio debba per forza significare qualcosa. Vade retro iniziali o nomi di fidanzati, per esempio. E non ci vedo nulla di male se è un semplice tribale o un disegno, quando ci piace.

Nel mio caso però è diverso. Questo tatuaggio ha un significato profondo. Nacque mentre scrivevo Muses, è finito direttamente nelle sue pagine. Ma non rappresenta Muses, ma alcune parti, scene, accenni in esso contenuti. Motivazioni che, essendo troppo personali, non le renderò pubbliche.

Per il resto, aspetto la guarigione, neppure troppo dolorosa.

Buona giornata, miei cari.

Frozen

Ok, non sono un amante del freddo.

Ok, preferisco un bagno di sabbia equatoriale alla neve. Ma son gusti, si sa.

La neve a Roma (un evento così raro che ormai capita ogni anno) è sempre uno spettacolo stupendo.

O almeno lo sarebbe stato, se Roma fosse una città pronta a eventi di questo tipo. Se ci desse la possibilità di vivere con gioia la città eterna imbiancata.

Ma non è così. Venerdì sono uscito a lavoro alle 16. Alle 16.30, a San Giovanni, ho capito che la città era nel caos completo e che non sarei mai riuscito a tornare a casa in moto. Dopo averla lasciata in un parcheggio a Termini, è iniziata l’agonia per raggiungere Roma Est. Le strade erano congestionate, incidenti ovunque bloccavano la viabilità, la neve continuava a scendere. L’unica via di salvezza sarebbero stati i treni, che però erano stati soppressi senza troppe spiegazioni.

Morale della favola: arrivato a casa alle 20.30, per un totale di 4 ore e mezzo.

Chi di voi mi ha seguito su Facebook o Twitter conosce l’odissea. Come me, tantissimi altri romani.

E poi, polemiche a non finire. Il sindaco. La protezione civile. Il sale che non è stato sparso. I mezzi che non c’erano. I soccorsi insufficienti. Una città che si piegata come un ramoscello. Un’alluvione o una nevicata non fa differenza. Roma vive sul filo di un equilibrio precario. Basta poco per trasformare un imprevisto nel delirio.

E adesso si rinizia la settimana, mentre il ghiaccio pian piano si scioglie e tutto torna alla normalità.

Vi lascio infine l’esibizione di Madonna al Super Bowl. Come qualcuno ha definito su Facebook, non c’è altro aggettivo più adatto. Faraonica.

httpvh://www.youtube.com/watch?v=PyfdoZldrS4

Facebook e l’antifacebook

Facebook e anti-Facebook. Social e anti-social. Questo è il problema. O anche no.

Mi sto accorgendo però che ultimamente molte persone si stanno allontanando dai social, o diverse che hanno deciso di starne fuori fin  dall’inizio per motivi di privacy. Ed è la privacy proprio il punto debole e forte di Facebook che con la sua Timeline cerca di recuperare ciò che gli manca: ossia il gap pre-Facebook era. Infatti la nuova versione – che tutto sommato a me non dispiace – ci invita a riempire questo spazio vuoto, segnalando tutto ciò che ci è successo dalla nostra nascita fino alla comparsa di Facebook. Operazione che, a mio avviso, avrà poco successo.

Ci ragionavo, tuttavia. Il Facebook di oggi, per quanto mi riguarda, mostra un 10% di ciò che sono e che faccio. Ed è il 10% di ciò che io voglio mettere in mostra e condividere, con svariati filtri e versioni a seconda dei miei gruppi. Il diario personale, che dovrebbe tracciare tutto ciò che facciamo, non sarà mai la vera timeline della nostra vita. Non riuscirà mai a costringerci a rendere pubblico l’impubblicabile. Mostrerà solo una parte di noi, una maschera, una particolare versione che abbiamo desiderato costruire. Una fiction della nostro essere, spesso mistificato.

E credo sia giusto così. Tra cavolate, discussioni interessanti, rapidi status, la nostra vita rimarrà comunque privata.

Idem per gli avversari di Facebook, come Google + che non è mai decollato, o il prossimo SOCL di Microsoft – a mio avviso un flop già prima di nascere.

Però, resta il Facebook hub, il punto di ritrovo, la distrazione, la curiosità, il reality virtuale. Un social che si sta pian piano spostando verso l’epoca web 3.0, dove il geo-tag, il geo-social, la geo-chat faranno da padroni. Sempre più rapidi, concisi, sempre con minor tempo a disposizione, tanto che i tweet di 160 caratteri saranno un’epopea al confronto. Sempre più virtuali e irreali, gonfiati e inesistenti, fino a quando anche quest’abitudine ci verrà a noia e le tendenze cambieranno di nuovo.

Funziona così nel mondo di internet e in quello delle comunicazioni. Con la differenza che le marce adesso sono ridotte, e tutto cambia molto più rapidamente.

E poi? Staremo a vedere.