Happy Birthday Web

Pochi giorni fa su Twitter affermavo:

@FrancescoFalconFrancesco Falconi
Prima i poi parlerò di chi ama strumentalizzare la rete per i propri fini. Prima o poi, al momento giusto. Per adesso preferisco leggere.
Con commentarium anche su Facebook. Ieri, invece, sono stato al Teatro Adriano dove si teneva l’happening Happy Birthday Web. Sul sito linkato potete capire di cosa si tratta.
Nulla di tecnico, quindi, ma un evento molto interessante dove, da una mera celebrazione dei risultati ottenuti con la nascita di Internet, si evidenziavano le fasi della sua crescita fino a fare un punto della situazione. Come sempre, non sono mancate le statistiche che hanno evidenziato come, ancora una volta, l’Italia è fanalino di coda per quanto riguarda Internet e innovazione. Nulla di nuovo, fra l’altro, ma anche uno spiraglio di ottimismo, visto che è  un mercato dove non c’è saturazione ma tanto da lavorare.
Interessante, inoltre, la parte riguardante i dati, la loro raccolta, trasparenza e la distribuzione al cittadino. Nonché web come blogging, che in alcuni paesi è sinonimo di libertà di parola (e.g. Egitto, Palestina). Infine, notevole l’intervento di Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web. Potrete trovare sempre i riferimenti sul sito.
Invece, ciò su cui vorrei soffermarmi è stato un altro intervento, di Gloria Origgi, che si incentrava sul tema “Vita sociale nel Web”. Ecco un altro mio tweet live:
FrancescoFalcon Francesco Falconi 
The way we access a piece of content is more informative than the content itself #hbw11
Benché avesse solo dieci minuti a disposizione, il suo intervento è stato sintetico ed esaustivo, cogliendo a fondo la mistificazione dei social network dove spesso è più importante esserci, dire, linkare, quotare e retweetare che il significato del contenuto stesso. Addirittura la Origgi metteva in evidenza le differenze insite tra Facebook e Twitter, e il cieco quoting di siti di cui siamo folli estimatori.
In pratica, il concetto è chiaro: nei social network di oggi, tra le tante grida, fuffa, nickname, identità false, il contenuto nella sua forma intrinseca è del tutto accessoria. Non è importante fornire una vera informazione, la questione è esserci. Sempre e comunque, quasi una caccia al tesoro all’ultima news, evento, disastro, o sconvolgimento politico, editoriale, musicale.
Sempre sul pezzo, al nanosecondo, per buttare la nostra voce nello streamland, senza alcun valore aggiunto se non quello di gonfiare il proprio ego, tradotto virtualmente in amici, commenti, tweets.
In pratica, siamo al collasso dell’identità e della personalità. Io stesso ne ho evidenza ogni giorno, sui siti e social che frequento. All’inizio mi arrabbiavo, cercavo di far capire che tutto era mistificato, amplificato e manovrato.
Adesso lascio perdere, perché nessuno ha mai vinto le guerre contro i mulini a vento. Ma certo, sì, è un pericolo evidente, ancor più della privacy dei nostri dati. E’ la bittizzazione e la ghettizzazione della nostra intelligenza. Della nostra capacità di ragionare.  Perché? Perché non c’è più tempo. Questo, forse, sarà il WEB 3.0, la rete al secondo. Poche informazioni, 160 caratteri di cui ne leggeremo la metà, un click rapido per retweettare, condividere, assegnare il famoso “Like“. L’importante, in quel nanosecondo, è non passare inosservati. Abbiamo il dovere di esserci.
Oppure, se vogliamo, è solo un’evoluzione, la transgenesi dei fenomeni di socialità collettiva, volgarmente definitivi un tempo come “mandrie di pecore”. Fenomeni che in passato sono stati però le scintille di fanatismi politici e religiosi. E la storia ci insegna come è finita.
Cambia il mezzo, muta nel tempo, ma non il risultato. Ci soffochiamo sempre nello stesso modo.
A volte, forse, occorre tornare nella dimensione della normalità. Quella dove esistono un nome, un cognome, un volto e un po’ di carne. Dove ci sono due mani ancora capaci di stringersi, due persone in grado di interagire, uno di fronte all’altro, senza muri virtuali né doppie identità. La frantumazione dello streamland a favore delle tre dimensioni. E, chissà, talvolta occorrono anche due piedi, per girare la città che viviamo fisicamente, e soffermarci anche a spettacoli del genere. Come vedete sotto.
Alla fine cosa perdiamo? Sono solo pochi secondi, schiacciati dall’eternità del web.

Web Gossip

Nei post precedenti abbiamo parlato di anonimato, censura e della potenza mediatica di Facebook. Casca a pennello, o quasi, l’ambaradan del caso Vasco Rossi e Nonciclopedia. Bene, mi trovo d’accordo con quanto scrivono Licia e Valberici, per cui dopo una lunga discussione su Facebook non torno sull’argomento. Volevo però far notare un altro piccolo e delizioso fatto. Un particolare che mi ricorda un po’ il telefono senza fili, in versione prettamente 2.0.

Trattasi del gossip, della chiacchiera e dell’effetto domino. Ok, a prescindere dall’opinione sull’atteggiamento eccessivo di Vasco Rossi e sul confine piuttosto labile tra satira e calunnia, intravedo una simpatica operazione promozionale. Perché Nonciclopedia poteva semplicemente rimuovere o editare la pagina relativa a Vasco Rossi, ma ha scelto un’altra strada, quella di chiudere il proprio sito a tempo indeterminato. Così si leggeva nel primo comunicato, che poi ha fatto il giro della rete grazie ai follower di Twitter e Facebook. Un polverone tale che ha scomodato Repubblica a scrivere in merito.

Si legge:

Nonciclopedia, la versione satirica della più celebre Wikipedia, chiude i battenti per “colpa” di Vasco Rossi. Il rocker di Zocca ha presentato una denuncia per diffamazione contro il sito, portando gli amministratori del portale a oscurare l’intero archivio di dodicimila voci in attesa che i giudici si esprimano sulla vicenda.

Ecco, il che, a primo acchito – quello del 90% dei lettori hurry up on the web -, fa pensare a una serie di eventi: denuncia, polizia postale, sito sequestrato. Di conseguenza grida allo scandalo, libertà sempre o comunque di espressione e via dicendo.Tutto, ovviamente, preso con le pinze.

Poi si legge un aggiornamento sul sito di Nonciclopedia, arrivato però un po’ più tardi, quando la miccia era già accesa:

Il sito chiude per protesta, non per costrizione

Cosa spiegata anche dall’avvocato di Vasco Rossi.

Appunto. Ora, forse sarà un pensiero maligno, ma la decisione di chiudere un sito per la denuncia dell’avvocato di Vasco mi pare un rimedio un po’ estremo.

Se gli amministratori hanno ritenuto la loro satira non condannabile per calunnia, potevano chiudere la pagina “Fiasco Rossi”, far partire l’appello e lasciare il sito aperto. Ma avrebbe fatto meno rumore. Così come avrebbe fatto poco rumore se la denuncia non fosse pervenuta da Vasco Rossi ma da un PincoPallo molto meno famoso, seppur nonciclopedico. Insomma, di certo non ci sarebbe stato così tanto da ciarlare, né meritarsi la pole position su Repubblica o sul TG 5.

Insomma, un bel web gossip che porterà tanti tanti accessi e fama a Nonciclopedia, con petizione annessa. Non so perché, ma ho una vaga impressione che Nonciclopedia riaprirà presto i battenti, stavolta con molti, molti fedeli utenti. È solo la mia idea?

Poi, con calma, torneremo a parlare di web 2.0.

Censura, effetto spider, satira, anonimato, frustrazione, libertà di espressione e anche strumento per far caciara, scacciare la noia, emancipare la propria posizione. Il che, a volte, si traduce anche con: dopo colazione apriamo il web e iniziamo a far casino. Così mi porto accessi (facebook o blog o altro), perché servono. Alla mia carriera. Al mio ego.

Più o meno si traduce con la parola: Dementia 2.0.

Ma ne riparleremo. Con calma.