Saluti da Firenze (e Amazon)

20110805-075907.jpg

Un rapido saluto da Firenze. Come vi avevo anticipato qualche giorno fa, un viaggio di piacere prima delle mie “vere” vacanze di totale relax nell’isola greca di Lefkada. Un viaggio anche di lavoro, diciamo così, perché ho deciso di ambientare a Firenze un mio prossimo romanzo, e avevo la necessita di rivisitare questi magnifici luoghi che non vedevo dai tempi dell’università. Ma vi dirò al mio ritorno, con più calma.
Secondo punto, che non c’entra nulla. Amazon e la legge sullo sconto fisso ai libri. Così risponde Amazon provocatoriamente nel suo sito:

Caro cliente,

Sembra ormai certo che dal 1° settembre entrerà in vigore una legge sul prezzo dei libri in lingua italiana il cui articolo principale recita: “È consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino ad una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato”.

Ti assicuriamo che continuerai a trovare prezzi bassissimi nei nostri reparti di Musica, DVD&Blu-ray, Videogiochi, Elettronica, Informatica, Giardino e Giardinaggio, Casa e Cucina, Scarpe e Borse, Orologi e tante altre future categorie.

Ti ringraziamo per la tua fiducia in Amazon e ti confermiamo il nostro impegno a continuare a offrirti non solo prezzi vantaggiosi e spedizioni gratuite, ma anche la migliore esperienza d’acquisto.

Il team di Amazon.it

P.S. A breve ti offriremo la possibilità di scegliere tra un catalogo di centinaia di migliaia di libri usati. Ora invece, ti diamo un’ultima possibilità di acquistare fino al prossimo 31 agosto i tuoi libri preferiti a prezzi mai più ripetibili. Scopri, per le prossime settimane, gli oltre 235.000 libri in italiano che ti offriamo con un sconto di almeno il 40% sul prezzo di copertina.

È una vera dichiarazione di battaglia. Staremo a vedere. Vi dico la verità, sotto alcuni aspetti sto cambiando opinione, sostenendo Amazon.
Per il resto, ovviamente anche i miei libri sono al 40% di sconto, qui.
Last chance.

A presto.

20110805-080811.jpg

Per non dimenticare

Il blog è sempre in “slow motion” e vi rimarrà fino ad agosto. Ma non potevo oggi non segnalarvi questo post sul sito di Licia Troisi.

Per non dimenticare.

Il cattivo gusto della frutta

Siamo alla frutta. Anche nella pubblicità. Sono l’unico che trova questo spot delirante e off topic? Solo per il gusto di… far girare la testa allo spettatore annoiato? Non so, ma davvero, a volte mi chiedo se.

 

httpvh://www.youtube.com/watch?v=6sh4krlH7F8

Anonimo e pseudonimo

Ieri sera, dopo cena, stavo parlando su skype con una mia amica proprio di un tema abbastanza caldo in questi giorni: internet, web 2.0, social ma soprattutto anonimato e pseudonimo.

Ok, non facciamo finta di cadere dalle nuvole. E’ sempre stato così, fin dalla nascita di internet. Il fenomeno si è solo accentuato – o è diventato più evidente – con la nascita del web 2.0 e il propagarsi dei social network: dai blog a facebook, passando per i forum che ormai sono una realtà in via di estinzione.

Poi, proprio in questi giorni, stavo ragionando su quanti scrittori abbiano una doppia identità su internet, ma anche editorialmente parlando con il famoso pseudonimo. Tanti, troppi a mio avviso. I motivi sono i più disparati. C’è chi è stato costretto dall’editore, perché lo pseudonimo inglese avrebbe venduto di più, c’è chi si è sdoppiato per essere credibile cambiando genere di romanzo, magari passando dall’horror a quello per bambini. Perché, naturalmente, non si vuole destabilizzare il “parco lettori”, affezionato a una particolare linea editoriale, ma si vogliono tentare anche altre vie (per motivi meramente economici oppure per un desiderio a quanto pare inconfessabile). Una politica intelligente, a livello marketing, non c’è che dire. Mi chiedo solo perché io non ci abbia pensato prima. Ma il motivo forse è più semplice di quanto si voglia credere: non ho avuto problemi a pubblicare il mio primo libro con il mio vero nome, non ho avuto problemi in seguito a proporre libri che fossero molto diversi gli uni dagli altri, sia a livello di target sia a livello di genere. Perché sì, se la più grande qualità di un artista è quella di reinventarsi, al contempo è una lama a doppio taglio. Quando pubblicai Gothica sapevo che mi rivolgevo a un pubblico nuovo, e chi aveva amato Estasia o Prodigium forse sarebbe stato deluso. E così è stato, anche se in realtà poi ho “conosciuto” un’altra fetta di lettori. Ancor più con il libro Mad for Madonna, dove cambiavo totalmente genere, rivolgendomi anche a chi amava poco la lettura ma avrebbe comprato il libro solo per aggiungere un cimelio nella collezione madonnara.

Poi. C’è chi dice che molti si tengono stretto il nome per puro narcisismo. In pochi, esclusi i deficienti, credono nella scrittura come fonte di reddito o mezzo per diventare ricchi. Ecco perché nel mio precedente post parlavo di Troisi ed effetto velina. Perché il successo di Licia ha dimostrato che la fama è raggiungibile anche se non siamo attori di Hollywood, madre natura non ci ha dotato di una voce stupenda, ma siamo semplicemente “il vicino della porta accanto che diventa famoso”. Persone normalissime che hanno successo, certo, come se questa fosse la cosa più semplice del mondo, un meccanismo ovvio e oliato. Manco per sogno, ovviamente. Rimanendo nell’esempio, la Mondadori non ha più ripetuto quel successo, semplicemente perché non esiste la ricetta. E, spesso e volentieri, neppure con l’import di prodotti stranieri, che hanno venduto meno degli italiani.

Inoltre ci sono coloro che sono costretti a utilizzare uno pseudonimo perché non possono esporsi, magari per la professione che svolgono. E li capisco, spesso uno pseudonimo sarebbe servito anche a me, avrei evitato situazioni imbarazzanti. D’altronde, con gli anni, ho imparato a fregarmene. Dicerie, commenti, allusioni. E critiche feroci su internet, quella che chiamano ironia ma che spesso sfocia nell’offesa e vilipendio. Perché? Sapete, ho perso il conto delle volte che mi hanno dato per “morto” editorialmente parlando. “Fra un anno sarai scomparso”, oppure i mille complotti che stanno dietro al mio cambio di genere ed editore. La realtà è molto più semplice: ho pubblicato 9 libri, a ogni uscita i miei lettori raddoppiano, a fine anno pubblico con il più grande editore per ragazzi in Italia, Piemme. Id est.

Poi, oltre a questo c’è l’esagerazione dell’estremismo. Leggetevi questo articolo, perché è triste.

 

 

Haters

Haters.

Una nuova specie? Non proprio.

Esistono da molto? Sì.

Prolificano? Come ricci. Sono sempre incinta.

Ma chi sono, quindi? Ombre. O maschere di marketing.

Dove stanno? Dappertutto. Alla radio, in TV, al supermercato, in mezzo al traffico cittadino. E, ovviamente, in rete. Qui pascolano in tutta tranquillità, perché la rete permette l’anonimato. Perché la rete permette di inventarsi uno pseudonimo, sia per quelli famosi, sia per gli sconosciuti. Ma l’anonimato e lo pseudonimo hanno sempre le gambe corte. /Yes, tu che leggi, mi riferisco a te. Parlo spesso con te, e so chi sei. E me la rido spesso quando ti arrampichi sugli specchi, sappilo. Oddio, per un po’. Poi ho meglio da fare./

Quanti anni hanno? Si va dai 14 ai 50.

Perché lo fanno? Sono tanti i motivi. Godono nel vedere gli accessi al proprio sito salire, per un attimo si sentono la stella più luminosa nel maremagnum universale che è internet.

Che tristezza… Be’, ogni persona ha l’istinto primordiale di mettersi in evidenza e tentare di annaspare nella marmaglia. L’uomo è fatto così. La rete è solo un mezzo tra tanti.

Solo per questo? Oh, no, magari. Alcuni lo fanno perché si annoiano. Il che è possibile a 14 anni (be’, io mi annoiavo scrivendo Estasia), è un po’ più patologico quando l’età cresce. E ne provo invidia, visto che lotto contro il tempo ogni santo giorno. Beati loro.

E poi? Poi c’è chi lo fa come sfogo personale. Perché, limitandoci alla letteratura fantasy, scrittori come Licia Troisi /non per sua culpa, per carità/ hanno creato il boomerang scrittore velina. Ricco e famoso subito. Se poi non ci riesci, ti incazzi. E quindi fai di tutto per non far vendere il libro edito /spesso regalandogli pubblicità gratuita/, e insulti il suo autore.

Tutti così, tutti scrittori sfranti? No. Chi segue quei blog sono anche coloro che si divertono nutrendosi di insulti e di vilipendio. Succede ovunque: le redazioni in TV preparano litigi ad hoc. Chissà forse nascerà un nuovo tipo di lavoro: il creatore di litigi. Perché piace ai telespettatori del web e dei media: un  mix perfetto di insulti, offese, litigi. Fanno un sacco di audience.

E quindi è impossibile intavolare una discussione? Intavola pure, ma ricordati che ci sono due schermi e l’etere. E il tempo per pensare, mistificare le parole, girare la frittata. Un sacco di tempo. Tu hai tutto questo tempo da buttare?

E qual è la soluzione? Ignorarli.

Funziona? No. Alcuni si annoiano e spariscono, forse capendo che c’è una vita altrove. Poi ci sono quelli che una vita non ce l’hanno, per cui continuano finché Madre Natura glielo consente. Poi ci sono le figliate, i ricci non scherzano. Un cambio generazionale che osservo divertito.

E allora è una battaglia persa in partenza. Ma no, è una battaglia non che va semplicemente combattuta. C’è spazio per tutti. E c’è spazio per il chissenefrega.

Non andrebbero combattuti? Certo. Come mille altre cose più importanti che accadono ogni giorno. Allora, concentriamoci su altro.

Ma spesso esagerano. Come sul blog di GL D’Andrea, dopo quello che è successo a Lara Manni. Certo, anche tra gli haters ci sono diversi livelli di deficienza, che vuoi farci. E c’è sempre qualcuno che fa la pipì fuori dal vaso. In tal caso, quando si esagera, è molto semplice far partire una querela. Altrimenti, again, ignore.

Ti è mai capitato? Sì. Ho ignorato e ho querelato. Non è così complicato, alla fine. Time saving. No more effort.

Condividi la scelta di GL? Mi spiace molto. Non la condivido, ma la capisco. E ritengo che ogni persona debba agire come più crede. GL ha una testa, se ha fatto questa scelta è frutto di un lungo ragionamento. E poi, mica parte eremita. Chi vuole può comunque sentirlo, magari parlando dei suoi libri e non di come si fa la barba. Sarebbe più intelligente.

That’s all folks. Grazie.

Depressione da Facebook

 

Tra i miei vari feed, ieri ho letto quest’articolo sulla depressione post facebook.

Allora. Inspirare, espirare. Scusate, mi sembra sempre il solito sacco pieno di cavolate. Oggi va di moda Facebook, qualcosa dobbiamo pur dire.

Ma torniamo al punto: la depressione. Terribile malattia, che non ho provato per fortuna sulla mia pelle ma di cui ho visto – purtroppo – gli effetti. Ecco, la cosa che non mi quadra è dare la colpa alla moda del momento.

Perché, come è ovvio che sia, il mondo va avanti, con esso la società e la tecnologia. Eppure la depressione è sempre esistita, così come gli individui sociopatici, coloro che hanno sempre avuto problemi a integrarsi, paura a esprimere le proprie idee e modo di essere, paura persino di parlare. Quella che chiamiamo comunemente timidezza, ma che a volte diventa così estrema da trasformarsi in un macigno tale da rendere insopportabile la solitudine. Quella che instilla la pericolosa sensazione di sentirsi sempre fuori luogo e di non sapere comunicare con gli altri.

In questo, forse internet è stato un bene. Perché ha creato il famoso alias, dando la possibilità di essere chi non siamo, nascondendosi dietro un avatar, un nick, un modo di essere fittizio. Perché un bene? Perché può essere il primo passo per sciogliere quelle catene che altrove stringerebbero fino a soffocarci. La possibilità di far capire che oltre all’estetica esiste anche la personalità, che puoi sì plasmare su internet con un gioco di cui ti stancheresti presto. E così, proprio su facebook o su altre chat, sai che hai una carta in più. Perché non sono i lineamenti del tuo volto a fare la differenza, né i chili di troppo. E’ ciò che dici, come ti poni, cosa pensi. Cosa riesci a esprimere con poche frasi.

Bene, come vedete questo punto di vista ribalta totalmente il cliché che internet allontani i rapporti umani, faciliti l’uso della pornografia, sia pericoloso e compagnia bella. E’ solo l’evoluzione della nostra società, che ci impone di seguire nuove strade. Le amicizie virtuali non sono affatto dannose. Spesso mi basta leggere ciò che scrivono e cosa pensano, non mi interessa il loro aspetto fisico.

Poi capita che il virtuale si trasformi in reale, e raramente sono rimasto deluso. Perché, in un certo senso, mi sentivo già vicino a quella persona. E, quella stessa persona, non doveva mentire. Non doveva fingere per conquistarmi. Doveva solo essere ciò che virtualmente era stato. L’onestà di un avatar che si trasforma nella concretezza di un individuo.

E se questa persona volesse sempre fingere? Se non volesse più uscire dal mondo dell’avatar? Certo, avrebbe bisogno di aiuto. Ma, da questa prospettiva, forse si sentirebbe un po’ meno sola. Forse un giorno si accenderebbe una lampadina, l’idea che è giunto il momento di provare ad essere se stessi.

E’ vero, la nostra è l’era del tutto e del subito. Non devi più andare all’edicola per avere il porno, non devi più creare gli annunci AAA per incontrare una persona per sesso, non devi più arrovellarti il cervello per conoscere chi ti interessa, non occorre scrivere una lettera e aspettare giorni o settimane prima di ricevere la risposta. E’ tutto qui, dunque? Fino a un certo punto. Perché se internet ha annullato la dimensione spaziale, è un gioco che ha vita breve e stanca presto. Poi, quello che veramente conta è il faccia a faccia. Ed è lì che possiamo vincere perché adesso abbiamo una carta in più. A discapito del nostro aspetto, abbiamo già dimostrato di valere. Sappiamo di avere già ingranato la prima marcia, e adesso possiamo combattere la nostra battaglia contro la paura di esistere.

Ripercorriamo la spirale, torniamo al punto di partenza: depressione. O, più semplicemente, problemi adolescenziali. Certo, ancora una volta i genitori hanno un ruolo fondamentale, così come dovrebbe averlo la scuola. Non mi pare però una novità, benché capisco che non si affatto un ruolo facile. Solo dopo i 18 anni, mio padre mi disse che quando avevo poco più di 15 anni mi seguiva di nascosto per scoprire quali persone frequentavo. Be’, se me l’avesse detto allora sarei andato su tutte le furie. Con il senno del poi, invece, l’ho ammirato.

Quindi, stessa cosa per internet. E’ uno strumento che si deve imparare, padroneggiare, di cui non occorre avere paura. Perché a tutto c’è sempre una soluzione. Il problema, spesso, è un altro. Si chiama menefreghismo.

Informazione

Non è una novità, certo, ma ultimamente sono un po’ sconcertato dal tipo di informazione che forniscono i media.

L’ultimo caso, divertente e allo stesso tempo inquietante, è quello della finta donna aquilana. Ora, due piccole cose, perché le parole si sprecano e neppure ho voglia.

A) è assurdo che un’emittente televisiva proponga delle storie false e recitate spacciandole per vere. E’ disonesto, è un reato. Così come tutti gli altri progettati a tavolino, Grande Fratello compreso, dove  anche se il programma è demenziale spinge i ragazzi a spendere soldi nel televoto. E spendono su storie che hanno un copione. Mi chiedo perché nessuno intervenga.

B) Finché i telespettatori si lobotomizzano il cervello con il Grande Fratello, pace, certo. Ma quando si porta in TV una donna che finge di essere dell’Aquila, osanna il miracolo berlusconiano… be’, il reato è più sottile. Perché strumentalizzato e politicizzato. E perché si scherza su una tragedia.

Poi. Come sapete leggo Repubblica, perché “mi pare” uno dei quotidiani più onesti. Fino a un certo punto, s’intende, perché anche qui spesso noto una vena politica chiara che rende l’informazione meno oggettiva. Quando leggo un’informazione, non mi interessa un commento personale. Voglio conoscere i fatti e basta, ce la faccio da solo a farmi un’idea dell’accaduto.

Poi. Ultimamente non si capisce più una cippa, ovunque si guardi o legga informazione. Certo, voluta, non sempre dagli stessi media. Non si capisce un tubo sulla guerra in Libia, chi fa cosa, cosa fa quello, cosa risponde quell’altro. Nato o non Nato, che vuole la Francia, che fanno gli altri. Confusione totale. Peggio ancora in Giappone. Reattore non reattore, radiazioni basse, no radiazioni alte.

Che bella informazione, non c’è che dire.