I flop della Mela Morsicata

Che sia un fan di Apple non è una novità. Credo di avervi rotto abbastanza i maroni. D’altronde, Apple non è il Re Mida e non trasforma tutto in oro. L’introduzione di FaceTime, per esempio, non ha sconvolto il mondo. La videochiamata esiste da diversi anni, grazie in primis a operatori come la 3, eppure non ha mai avuto un grandissimo successo. Non tanto per i costi quanto perché è ritenuta come un mezzo di comunicazione intrusivo. Fatevi una bella videochiamata appena svegli, se ne avete voglia.

Ma di flop Apple ne ha fatti molti altri. Come il suo Social Network, Ping, che dopo un balzo iniziale è caduto pressoché nel dimenticatoio. Trovate un’interessante analisi nel blog Saggiamente, che vi consiglio di leggere se siete Tech-addicted o semplicemente curiosi. Concordo con tutto ciò che vi è scritto, circa il flop del servizio. Si parla anche del nuovo Facebook, come già vi avevo accennato qui, e anche di Google+, che vedo un po’ traballante e agonizzante. La vera domanda che si/ci pone Saggiamente è la seguente:

 Ancor più in generale, per concludere, preme porsi una domanda, piuttosto simile all’ormai famoso slogan di SaggiaMente: c’è davvero bisogno di un altro social network?

La mia risposta, personalissima, è no. Un no secco, e non perché ami il quasi monopolio di Facebook. Certo, Linkedin ha la sue cerchia, così come Twitter che in Italia stenta a decollare se non nel mondo nerd e poco in quello popolar. Ma Facebook è più che sufficiente come svago, e gli utenti odiano la frammentazione. Motivo per cui Myspace è praticamente morto, gli altri Friendfeed, Badoo ecc… sono un deserto o quasi.

E poi, nascono ogni giorno altri mille come funghi.

L’ormai arcinoto Foursquare, per fare il checkin ovunque ti trovi, Miso, checkin di ciò che vedi, e avanti all’infinito. Insomma, praticamente passi la giornata con il cellulare in mano ad aprire e chiudere un social. Io per esempio li ho provati un po’ tutti, sia per lavoro sia per la mia malsana curiosità. Ma inizio ad averne abbastanza, credo che un solo luogo basti e avanzi. Per me siamo già alla saturazione, anche se nascono servizi dedicati che si ritagliano nicchie di mercato (ho letto, non so dove, che era nato un social per chi ama il giardinaggio… bah).

E voi, di che parere siete?

The New Facebook

Per lavoro e anche per curiosità personale, mi sono ritrovato a provare la nuova impostazione grafica di Facebook. Basta che cliccate sull’immagine a sinistra per veder il nuovo profilo.

Ora, a prescindere dai gusti personali, mi volevo ricollegare al post precedente, quando si parlava di privacy. La grande novità Facebook, la Timeline (che ricorda molto la Time Machine di Apple) nasce proprio per distruggere le ultime (esili) barriere di privacy.

Sarà breve e conciso: Facebook, agendo sul suo punto di forza commerciale, ossia l’egotismo dei suoi utenti, permette di costruire un diario di tutta la nostra vita, che possiamo popolare con gli eventi “ante-era facebook”.

Hai comprato casa nel 2002? Ti sei spostato nel 1999? Hai preso un cane nel 2005? Sì, adesso puoi ricostruire la tua vita sulla timeline di Facebook.

In pratica, nella lotta contro le identià false, resisteranno solo le persone vere, che spiffereranno ai quattro venti tutti i loro segreti. Detta così, la reazione più ovvia è: figuriamoci se la gente ci infila i propri dati, esperienze, eventi di vita!

Be’, sono quasi sicuro (anzi, togliamo il quasi) che questo avverrà. E che gli utenti facebook continueranno a inserire dati, dalla nascita a oggi, per quel misterioso morbo insito che è l’opposto della privacy. In pratica, si raggiungerà il famoso ossimoro: le persone temono per la propria privacy, ma saranno proprio loro a mandarla in pensione, grazie alla sociologia di Facebook, alla volontoà di emanciparsi e a una UI graziosa e invitante.

A proposto di UI graziosa e invitante. Ammetto che qualche info da riempire nella timeline mi ha lasciato perplesso. Ora, ho compilato il campo “Pet“, aggiungendo la piccola e dolce nonché satanica Virgola. Mi sono fermato a occhi sgranati quando ho letto:

– Perdita di una persona cara (nome, e il “Passed on”). Non ho parole e non commento.

– Aggiungi un veicolo (car. Ottimo, sono statistiche importanti per la pubblicità)

– Frattura di un osso. Malattia Sconfitta. Intervento chirurgico. (devo commentare? Anche no)

– Licenza. Successo o premio.

Ed è solo l’inizio.

Siamo oltre il pericolo della privacy. Molto oltre. E, sociologicamente parlando, nell’era del web e del social networking sta accadendo qualcosa di davvero importante.

La privacy e l’anonimo 2.0

Il web sta cambiando, è sotto gli occhi di tutti. Nel tramonto del web 2.0, i  forum sono per lo più deserti, pullano i blog (dove vince WordPress ma sale di gradimento Tumblr e affonda inesorabilmente blogspot del signor Google, che corre ai ripari nel rimpasto confuso di Google+). Ma, naturalmente, stravincono i Social Newtork ormai consolidati.

Nel grande mare magnum, a livello globale, dopo la lenta agonia di MySpace, risulta vincitore Facebook, seguito subito dal famoso Twitter (poco, in Italia, in verità).

Spesso, sui quotidiani online e sui blog, si dibatte il tema privacy e diritto del consumatore. Be’, ve lo dico subito, le mie posizioni sono abbastanza delineate.

In primis, occorre chiedere la correzione del dizionario dei sinonimi e contrari. Il contrario di privacy è Facebook. Nasce proprio per questo: mettersi in vetrina, farsi conoscere, far leva sul virtuale per emanciparsi. Oltre che, ovviamente, perdere tempo, fare conoscenze, cazzeggiare e riallacciare nuovi e vecchi rapporti. Il tutto, per un servizio privato che non chiede canoni di abbonamento nella perfetta politica già rodata del meccanismo pubblicitario.

E i nostri dati sensibili? Ciao. Facebook vive di questo, campa sui nostri dati. Non è allarmismo, è un fatto chiaro. Basta cercare su internet e leggere in merito fiumi di articoli.

Facebook vive grazie alla presenza nel virtuale di persone reali. Così si spiega, sociologicamente, il suo successo, a prescindere da una user experience più o meno buona, che i signori di Palo Alto cambiano un mese sì e l’altro pure. Un successo che si sta replicando nel mondo mobile, tramite gli smartphone come Android o Apple. Quasi una carta di identità virtuale, fra non molto associata a qualche sistema di mobile payment, come del resto fa da tempo Apple con il suo iTunes.

In quest’ottica, la richiesta di un numero di telefono (come chiede ultimamente Google) è il minore dei problemi. Il che, naturalmente, fa capire bene perché Facebook abbia la regola dei nomi e cognomi veri, non nickname. Interessi di una strategia lampante. Una strategia che non approvo in questi termini, benché sia favorevole a una responsabilizzazione dell’anonimato su internet, fin troppo vago, confuso e spesso causa di spiacevoli situazioni di stalking e ingiurie.

Rifiuto quindi l’anonimato in rete? In molti casi sì. E per le segnalazioni anonime di reato, come facciamo? Facciamo, esistono sempre i workaround. Perché, queste segnalazioni non potrebbero rimanere anonime? Si sta parlando di un servizio pubblico di estrema importanza, non di un social network. Sottile e chiara differenze.

Ma non trovo neppure corretto che una persona psicolabile possa divertirsi in rete, verso chi magari mette la faccia e il proprio nome, e uscirne quasi sempre impunita. La strada della polizia postale, identificazione dell’IP ecc… non è affatto banale. E non è alla portata di tutti, figuriamoci dei minori.

Come sempre la scelta giusta è la via di mezzo, quella più difficile da perseguire. E anche vero però che Facebook, Twitter & CO sono servizi privati, non statali. Twitter ci mette mezzo secondo a cambiarti il nickname se lo pretende un personaggio pubblico.

Quindi? Nel momento in cui alcuni regole dettate non andranno a genio alla massa, la massa risponderà con un rifiuto. E, a quel punto, anche i colossi rivedranno alcune strategie.

Ma resta comunque un mondo virtuale. Dove la privacy è sempre più pubblica e dove, si spera, l’identità delle persone non sia associabile a un nick con il solo fine di essere e fare ciò che nella realtà non sarebbe possibile. Questo, a mio avviso, è ledere i diritti di chi utilizza la rete. Questo il vero danno. Perché, sia inteso, anche nel virtuale esistono dei limiti morali da rispettare. Fatto ultimamente sempre più a rischio.

Poi, come sempre, si può capire che forse è l’ora di uscire e stringere qualche mano vera.

Non solo il mouse.