No alla legge Bavaglio

Aderisco all’iniziativa di ValigiaBlu, riportando il loro post:

Il disegno di legge di riforma delle intercettazioni ha un impatto significativo sulla rete?
Il ddl di riforma della normativa sulle intercettazioni influisce sulla rete in due modi, innanzitutto perché le limitazioni introdotte dal ddl in merito alla pubblicabilità degli atti di indagine riguarda, ovviamente, anche la rete, relativamente al giornalismo professionale, ma soprattutto perché in esso è presente il comma 29 che è scritto specificamente per la rete. Cosa prevede il comma 29? Il comma 29 estende parte della legislazione in materia di stampa, prevista dalla legge n. 47 del 1948, alla rete, in particolare l’art. 8 che prevede la cosiddetta “rettifica”.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere dei media unidirezionali e di bilanciare le posizioni in gioco. Nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, un semplice cittadino potrebbe avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie, e comunque ne trascorrerebbe molto tempo con ovvi danni alla sua reputazione. Per questo motivo è stata introdotta la rettifica che obbliga i direttori o i responsabili dei giornali o telegiornali a pubblicare gratuitamente le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti che si ritengono lesi.

Il comma 29 estende la rettifica a tutta la rete? 
La norma in questione estende la rettifica a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. La frase “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” è stata introdotta in un secondo momento proprio a chiarire, a seguito di dubbi sorti tra gli esperti del ramo che propendevano per una interpretazione restrittiva della norma (quindi applicabile solo ai giornali online), che la norma deve essere invece applicata a tutti i siti online. Ovviamente sorge comunque la necessità di chiarire cosa si intenda per “siti informatici”, per cui, ad esempio, potrebbero rimanere escluse la pagine dei social network, oppure i commenti alle notizie. Al momento non è dato sapere se tale norma si applicherà a tutta la rete, in ogni caso è plausibile ritenere che tale obbligo riguarderà gran parte della rete.

Entro quanto tempo deve essere pubblicata la rettifica inviata ad un sito informatico?
Il comma 29 estende la normativa prevista per la stampa, per cui il termine per la pubblicazione della rettifica è di due giorni dall’inoltro della medesima, e non dalla ricezione. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

E’ possibile aggiungere ulteriori elementi alla notizia, dopo la rettifica? 
Il ddl prevede che la rettifica debba essere pubblicata “senza commento”, la qual cosa fa propendere per l’impossibilità di aggiungere ulteriori informazioni alla notizia, in quanto potrebbero essere intese come un commento alla rettifica stessa. Ciò vuol dire che non dovrebbe essere nemmeno possibile inserire altri elementi a corroborare la veridicità della notizia stessa.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto? 
La rettifica prevista per i siti informatici è sostanzialmente quella della legge sulla stampa, la quale chiarisce che le informazioni da rettificare non sono solo quelle contrarie a verità, bensì tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni “da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”, laddove essi sono i soggetti citati nella notizia. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia. Non si tratta affatto, in conclusione, di una valutazione sulla verità, per come è congegnata la rettifica in sostanza si contrappone la “verità” della notizia ad una nuova “verità” del rettificante, con ovvio scadimento di entrambe le “verità” a mera opinione (Cassazione n. 10690 del 24 aprile 2008: “l’esercizio del diritto di rettifica… è riservato, sia per l’an che per il quomodo, alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento è rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignità dello scritto o dell’immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica; mentre il direttore del giornale (o altro responsabile) è tenuto, nei tempi e con le modalità fissate dalla suindicata disposizione, all’integrale pubblicazione dello scritto di rettifica, purché contenuto nelle dimensioni di trenta righe, essendogli inibito qualsiasi sindacato sostanziale, salvo quello diretto a verificare che la rettifica non abbia contenuto tale da poter dare luogo ad azione penale”).

Come deve essere inviata la richiesta di rettifica? 
La normativa non precisa le modalità di invio della rettifica, per cui si deve ritenere utilizzabile qualunque mezzo, fermo restando che dopo dovrebbe essere possibile provare quanto meno l’invio della richiesta. Per cui anche una semplice mail (non posta certificata) dovrebbe andare bene.

Cosa accade se non rettifico nei due giorni dalla richiesta? 
Se non si pubblica la rettifica nei due giorni dalla richiesta scatta una sanzione fino a 12.500 euro.

Che succede se vado in vacanza, mi allontano per il week end, o comunque per qualche motivo non sono in grado di accedere al computer e non pubblico la rettifica nei due giorni indicati? 
Queste ipotesi non sono previste come esimenti, per cui la mancata pubblicazione della rettifica nei due giorni dall’inoltro fa scattare comunque la sanzione pecuniaria. Eventualmente sarà possibile in seguito adire l’autorità giudiziaria per cercare di provare l’impossibilità sopravvenuta alla pubblicazione della rettifica. È evidente, però, che non si può chiedere l’annullamento della sanzione perché si era in “vacanza”, occorre comunque la prova di un accadimento non imputabile al blogger.

La rettifica prevista dal comma 29 è la stessa prevista dalla legge sulla privacy?
No, si tratta di due cose ben diverse anche se in teoria ci sarebbe la possibilità di una sovrapposizione parziale. La legge sulla privacy consente al cittadino di chiedere ed ottenere la correzione di dati personali, mentre la rettifica ai sensi del comma 29 riguarda principalmente notizie.

Con il comma 29 si equipara la rete alla stampa?
Con il suddetto comma non vi è alcuna equiparazione di rete e stampa, anche perché tale equiparabilità è stata più volte negata dalla Cassazione. Il comma 29 non fa altro che estendere un solo istituto previsto per la stampa, quello della rettifica, a tutti i siti informatici.

Con il comma 29 anche i blog non saranno più sequestrabili, come avviene per la stampa?
Assolutamente no, come già detto con il comma 29 non si ha alcuna equiparazione della rete alla stampa, si estende l’obbligo burocratico della rettifica ma non le prerogative della stampa, come l’insequestrabilità. Questo è uno dei punti fondamentali che dovrebbe far ritenere pericoloso il suddetto comma, in quanto per la stampa si è voluto controbilanciarne le prerogative, come l’insequestrabilità, proprio con obblighi tipo la rettifica. Per i blog non ci sarebbe nessuna prerogativa da bilanciare.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false? 
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Se ritengo che la rettifica non sia dovuta, posso non pubblicarla? 
Ovviamente è possibile non pubblicarla, ma ciò comporterà certamente l’applicazione della sanzione pecuniaria. Come chiarito sopra la rettifica non si basa sulla veridicità di una notizia, ma esclusivamente su una valutazione soggettiva della sua lesività. Per cui anche se il blogger ritenesse che la notizia è vera, sarebbe consigliabile pubblicare comunque la rettifica, anche se la stessa rettifica è palesemente falsa.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica, il titolare del dominio, il gestore del blog?
Questa è un’altra problematica che non ha una risposta certa. La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi è il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Anche qui non è possibile dare una risposta certa al momento. In linea di massima un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento non dovrebbe essere soggetto a rettifica. 

Pensavo di creare un widget che consente agli utenti di pubblicare direttamente la loro rettifica senza dovermi inviare richieste. In questo modo sono al riparo da eventuali multe?
Assolutamente no, la norma prevede la possibilità che il soggetto citato invii la richiesta di rettifica e non lo obbliga affatto ad adoperare widget o similari. Quindi anche l’attuazione di oggetti di questo tipo non esime dall’obbligo di pubblicare rettifiche pervenute secondo differenti modalità (ad esempio per mail).

Pensavo di aprire un blog su un server estero, in questo modo non sarei più soggetto alla rettifica?

Per non essere assoggettati all’obbligo della rettifica è necessario non solo avere un sito hostato su server estero, ma anche risiedere all’estero, come previsto dalla normativa europea. E, comunque, anche la pubblicazione di notizie su un sito estero potrebbe dare adito a problemi se le notizie provengono da un computer presente in Italia.

E’ vero che in rete è possibile pubblicare tutto quello che si vuole senza timore di conseguenze? E’ per questo che occorre la rettifica?
Questo è un errore comune, ritenere che non vi sia alcuna conseguenza a seguito di pubblicazione di informazioni o notizie online, errore dovuto alla enorme quantità di informazioni immesse in rete, ovviamente difficili da controllare in toto. Si deve inoltre tenere presente che comunque l’indagine penale od amministrativa necessita di tempo, e spesso le conseguenze penali od amministrative a seguito di pubblicazioni online, si hanno a distanza di settimane o mesi. In realtà alla rete si applicano le stesse medesime norme che si applicano alla vita reale, anzi in alcuni casi la pubblicazione online determina l’aggravamento della pena. Quindi un contenuto in rete può costituire diffamazione, violazione di norme sulla privacy o sul diritto d’autore, e così via… Il discorso che spesso si fa è, invece, relativo al rischio che un contenuto diffamante possa rimanere online per parecchio tempo. In realtà nelle ipotesi di diffamazione o che comunque siano lesive per una persona, è sempre possibile ottenere un sequestro sia in sede penale che civile del contenuto online, laddove l’oscuramento avviene spesso nel termine di 48 ore.

Ho letto di un emendamento presentato da alcuni politici che dovrebbe risolvere il problema della rettifica. È un buon emendamento?
Già lo scorso anno fu presentato un emendamento da alcuni parlamentari, che sostanzialmente dovrebbe essere riproposto quest’anno, con qualche modifica. In realtà l’emendamento Cassinelli, dal nome dell’estensore, non migliora di molto la norma: allunga i termini della rettifica a 10 giorni, stabilisce che i commenti non sono soggetti a rettifica, e riduce la sanzione in caso di non pubblicazione. L’allungamento dei termini non è una grande conquista, in quanto l’errore di fondo del comma 29 è l’equiparazione tra rete e stampa, cioè tra attività giornalistica professionale e non professionale, compreso la mera manifestazione del pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, esplicata dai cittadini tramite blog. Per i commenti la modifica è addirittura inutile in quanto una lettura interpretativa dovrebbe portare al medesimo risultato, anzi forse sotto questo profilo l’emendamento è peggiorativo perché invece di “siti informatici” parla di “contenuti online” con una evidente estensione degli stessi (pensiamo alle discussioni nei forum). Tale emendamento viene giustificato con l’esempio del blogger che scrive: “Tizio è un ladro”, ipotesi nella quale, si dice, Tizio ha il diritto di vedere rettificata la notizia falsa. Immaginiamo invece che Tizio effettivamente sia un ladro, la rettifica gli consentirebbe di correggere una notizia vera con una falsa. Se davvero Tizio non è un ladro, invece, non ha alcun bisogno di rettificare, può denunciare direttamente per diffamazione il blogger ed ottenere l’oscuramento del sito in poco tempo.

Ma in sostanza, quale è lo scopo di questa norma?
Una risposta a tale domanda è molto difficile, però si potrebbe azzardarla sulla base della collocazione della norma medesima. Essendo inserita nel ddl intercettazioni, potrebbe forse ritenersi una sorta di norma di chiusura della riforma, riforma con la quale da un lato si limitano le indagini della magistratura, dall’altro la pubblicazione degli atti da parte dei giornalisti. Poi, però, rimarrebbe il problema se un giornalista decide di aprire un blog in rete e pubblicare quelle intercettazioni che sul suo giornale non potrebbe più pubblicare. Ecco che il comma 29 evita questo possibile rischio.

Nuova scossa per gli ebook

Vi lascio qualche link sugli ultimi avvenimenti in merito al mondo ebook, che considero come l’ultima scossa. Se neppure questa riesce a risollevare le sorti degli ebook in Italia, credo ci sia veramente poco da fare.

Il primo è il blog live dell’evento Amazon, che ha lanciato i suoi ultimi modelli di Kindle. Prezzi accessibilissimi, modelli differenti a seconda dei gusti.  Ecco il post.

Se è troppo lungo e volete un sunto esaustivo, il buon Tanabrus ci è d’aiuto, qui.

Infine, lato Apple, finalmente c’è stata l’apertura dell’iBooks Store agli editori italiani. Ho sfogliato rapidamente e ho visto Mondadori, BUR e Eianudi. Spulcerò con più calma appena avrò tempo, anche per capire i prezzi.

Direi che l’accoppiata Kindle+iPad è lo scossone definitivo. Altro non si può fare (oltre a togliere l’IVA e abbassare i prezzi).

Cambierà qualcosa? A mio avviso no. Sono dell’opinione che non sia il prezzo o il supporto a fare la differenza per gli ebook. Il processo di “conversione” al digitale, chiamiamolo così, richiederà molto più tempo e un’educazione che parte dall’età scolastica. IMHO, ovviamente.

Io stesso, dopo un momento di digital exciment, sono tornato al buon libro di carta. Antico, non c’è che dire.

Resteremo a vedere.

I flop della Mela Morsicata

Che sia un fan di Apple non è una novità. Credo di avervi rotto abbastanza i maroni. D’altronde, Apple non è il Re Mida e non trasforma tutto in oro. L’introduzione di FaceTime, per esempio, non ha sconvolto il mondo. La videochiamata esiste da diversi anni, grazie in primis a operatori come la 3, eppure non ha mai avuto un grandissimo successo. Non tanto per i costi quanto perché è ritenuta come un mezzo di comunicazione intrusivo. Fatevi una bella videochiamata appena svegli, se ne avete voglia.

Ma di flop Apple ne ha fatti molti altri. Come il suo Social Network, Ping, che dopo un balzo iniziale è caduto pressoché nel dimenticatoio. Trovate un’interessante analisi nel blog Saggiamente, che vi consiglio di leggere se siete Tech-addicted o semplicemente curiosi. Concordo con tutto ciò che vi è scritto, circa il flop del servizio. Si parla anche del nuovo Facebook, come già vi avevo accennato qui, e anche di Google+, che vedo un po’ traballante e agonizzante. La vera domanda che si/ci pone Saggiamente è la seguente:

 Ancor più in generale, per concludere, preme porsi una domanda, piuttosto simile all’ormai famoso slogan di SaggiaMente: c’è davvero bisogno di un altro social network?

La mia risposta, personalissima, è no. Un no secco, e non perché ami il quasi monopolio di Facebook. Certo, Linkedin ha la sue cerchia, così come Twitter che in Italia stenta a decollare se non nel mondo nerd e poco in quello popolar. Ma Facebook è più che sufficiente come svago, e gli utenti odiano la frammentazione. Motivo per cui Myspace è praticamente morto, gli altri Friendfeed, Badoo ecc… sono un deserto o quasi.

E poi, nascono ogni giorno altri mille come funghi.

L’ormai arcinoto Foursquare, per fare il checkin ovunque ti trovi, Miso, checkin di ciò che vedi, e avanti all’infinito. Insomma, praticamente passi la giornata con il cellulare in mano ad aprire e chiudere un social. Io per esempio li ho provati un po’ tutti, sia per lavoro sia per la mia malsana curiosità. Ma inizio ad averne abbastanza, credo che un solo luogo basti e avanzi. Per me siamo già alla saturazione, anche se nascono servizi dedicati che si ritagliano nicchie di mercato (ho letto, non so dove, che era nato un social per chi ama il giardinaggio… bah).

E voi, di che parere siete?

Uno zombie chiamato AmmazzaBlog

Ultimamente ho parlato spesso di libertà di espressione, anonimato in rete, privacy e difficoltà di far rispettare i propri diritti.

Cade a pennello questa notizia, in cui torna il redivivo-mai-defunto-zombie DDL ammazza blog. Leggiamone un pezzo:

“Ammazza blog”, una disposizione per cui, letteralmente, ogni gestore di “sito informatico” ha l’obbligo di rettificare ogni contenuto pubblicato sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi dal contenuto in questione. Non c’è possibilità di replica, chi non rettifica paga fino a 12mila euro di multa. Una misura che metterebbe in ginocchio la libertà di espressione sulla Rete, e anche le finanze di chi rifiutasse di rettificare, senza possibilità di opposizione, ciò ha ritenuto di pubblicare. Senza contare l’accostamento di blog individuali a testate registrate, in un calderone di differenze sostanziali tra contenuti personali, opinioni ed editoria vera e propria.

Ci risiamo, ancora. Allora, sapete la mia posizione. Massima libertà di espressione, leggi però che tutelino contro l’anonimato utilizzato solo per ledere l’immagine altrui. Qui, come sempre, si va molto oltre. Perché è giusto e sacrosanto che un cittadino offeso/calunniato da un blog abbia il diritto di difesa e della rimozione dei contenuti non appropriati. Inutile girarci attorno, la rete ha comunque un forte impatto mediatico, senza tener conto dei simpatici ragni di Google che vita natural durante terranno in memoria quelle informazioni.

Ma qui si raggiunge l’eccesso. I contenuti dovrebbero essere rimossi se puramente offensivi, qualora invece si dica il vero, e tale verità si voglia nascondere, si va oltre. Esistono altri luoghi dove discutere eventuali diffamazioni.

Passerà? In tutta onestà credo e spero di no, la rivolta della blogosfera sarebbe un duro colpo per un governo fin troppo traballante. Lo spero, come dicevo, perché ormai non mi meraviglio più di nulla, figuriamoci di leggi ad hoc per tutelare chi sta nel torto. Il tutto avviene proprio quando ci sono da risolvere altri problemi in Italia. E non è demagogia o populismo, sono fatti concreti. Come il declassamento da A+ ad A dell’Italia decisa dallo Standard & Poor’s.

The New Facebook

Per lavoro e anche per curiosità personale, mi sono ritrovato a provare la nuova impostazione grafica di Facebook. Basta che cliccate sull’immagine a sinistra per veder il nuovo profilo.

Ora, a prescindere dai gusti personali, mi volevo ricollegare al post precedente, quando si parlava di privacy. La grande novità Facebook, la Timeline (che ricorda molto la Time Machine di Apple) nasce proprio per distruggere le ultime (esili) barriere di privacy.

Sarà breve e conciso: Facebook, agendo sul suo punto di forza commerciale, ossia l’egotismo dei suoi utenti, permette di costruire un diario di tutta la nostra vita, che possiamo popolare con gli eventi “ante-era facebook”.

Hai comprato casa nel 2002? Ti sei spostato nel 1999? Hai preso un cane nel 2005? Sì, adesso puoi ricostruire la tua vita sulla timeline di Facebook.

In pratica, nella lotta contro le identià false, resisteranno solo le persone vere, che spiffereranno ai quattro venti tutti i loro segreti. Detta così, la reazione più ovvia è: figuriamoci se la gente ci infila i propri dati, esperienze, eventi di vita!

Be’, sono quasi sicuro (anzi, togliamo il quasi) che questo avverrà. E che gli utenti facebook continueranno a inserire dati, dalla nascita a oggi, per quel misterioso morbo insito che è l’opposto della privacy. In pratica, si raggiungerà il famoso ossimoro: le persone temono per la propria privacy, ma saranno proprio loro a mandarla in pensione, grazie alla sociologia di Facebook, alla volontoà di emanciparsi e a una UI graziosa e invitante.

A proposto di UI graziosa e invitante. Ammetto che qualche info da riempire nella timeline mi ha lasciato perplesso. Ora, ho compilato il campo “Pet“, aggiungendo la piccola e dolce nonché satanica Virgola. Mi sono fermato a occhi sgranati quando ho letto:

– Perdita di una persona cara (nome, e il “Passed on”). Non ho parole e non commento.

– Aggiungi un veicolo (car. Ottimo, sono statistiche importanti per la pubblicità)

– Frattura di un osso. Malattia Sconfitta. Intervento chirurgico. (devo commentare? Anche no)

– Licenza. Successo o premio.

Ed è solo l’inizio.

Siamo oltre il pericolo della privacy. Molto oltre. E, sociologicamente parlando, nell’era del web e del social networking sta accadendo qualcosa di davvero importante.

La privacy e l’anonimo 2.0

Il web sta cambiando, è sotto gli occhi di tutti. Nel tramonto del web 2.0, i  forum sono per lo più deserti, pullano i blog (dove vince WordPress ma sale di gradimento Tumblr e affonda inesorabilmente blogspot del signor Google, che corre ai ripari nel rimpasto confuso di Google+). Ma, naturalmente, stravincono i Social Newtork ormai consolidati.

Nel grande mare magnum, a livello globale, dopo la lenta agonia di MySpace, risulta vincitore Facebook, seguito subito dal famoso Twitter (poco, in Italia, in verità).

Spesso, sui quotidiani online e sui blog, si dibatte il tema privacy e diritto del consumatore. Be’, ve lo dico subito, le mie posizioni sono abbastanza delineate.

In primis, occorre chiedere la correzione del dizionario dei sinonimi e contrari. Il contrario di privacy è Facebook. Nasce proprio per questo: mettersi in vetrina, farsi conoscere, far leva sul virtuale per emanciparsi. Oltre che, ovviamente, perdere tempo, fare conoscenze, cazzeggiare e riallacciare nuovi e vecchi rapporti. Il tutto, per un servizio privato che non chiede canoni di abbonamento nella perfetta politica già rodata del meccanismo pubblicitario.

E i nostri dati sensibili? Ciao. Facebook vive di questo, campa sui nostri dati. Non è allarmismo, è un fatto chiaro. Basta cercare su internet e leggere in merito fiumi di articoli.

Facebook vive grazie alla presenza nel virtuale di persone reali. Così si spiega, sociologicamente, il suo successo, a prescindere da una user experience più o meno buona, che i signori di Palo Alto cambiano un mese sì e l’altro pure. Un successo che si sta replicando nel mondo mobile, tramite gli smartphone come Android o Apple. Quasi una carta di identità virtuale, fra non molto associata a qualche sistema di mobile payment, come del resto fa da tempo Apple con il suo iTunes.

In quest’ottica, la richiesta di un numero di telefono (come chiede ultimamente Google) è il minore dei problemi. Il che, naturalmente, fa capire bene perché Facebook abbia la regola dei nomi e cognomi veri, non nickname. Interessi di una strategia lampante. Una strategia che non approvo in questi termini, benché sia favorevole a una responsabilizzazione dell’anonimato su internet, fin troppo vago, confuso e spesso causa di spiacevoli situazioni di stalking e ingiurie.

Rifiuto quindi l’anonimato in rete? In molti casi sì. E per le segnalazioni anonime di reato, come facciamo? Facciamo, esistono sempre i workaround. Perché, queste segnalazioni non potrebbero rimanere anonime? Si sta parlando di un servizio pubblico di estrema importanza, non di un social network. Sottile e chiara differenze.

Ma non trovo neppure corretto che una persona psicolabile possa divertirsi in rete, verso chi magari mette la faccia e il proprio nome, e uscirne quasi sempre impunita. La strada della polizia postale, identificazione dell’IP ecc… non è affatto banale. E non è alla portata di tutti, figuriamoci dei minori.

Come sempre la scelta giusta è la via di mezzo, quella più difficile da perseguire. E anche vero però che Facebook, Twitter & CO sono servizi privati, non statali. Twitter ci mette mezzo secondo a cambiarti il nickname se lo pretende un personaggio pubblico.

Quindi? Nel momento in cui alcuni regole dettate non andranno a genio alla massa, la massa risponderà con un rifiuto. E, a quel punto, anche i colossi rivedranno alcune strategie.

Ma resta comunque un mondo virtuale. Dove la privacy è sempre più pubblica e dove, si spera, l’identità delle persone non sia associabile a un nick con il solo fine di essere e fare ciò che nella realtà non sarebbe possibile. Questo, a mio avviso, è ledere i diritti di chi utilizza la rete. Questo il vero danno. Perché, sia inteso, anche nel virtuale esistono dei limiti morali da rispettare. Fatto ultimamente sempre più a rischio.

Poi, come sempre, si può capire che forse è l’ora di uscire e stringere qualche mano vera.

Non solo il mouse.

 

 

Ellen&Kevin, read by Tiffany

Una nuova intervista stavolta sul sito Reading at Tyffany’s. Non sarò io a rispondere, ma Ellen e Kevin, quindi un botta e risposta molto particolare.

Oltre all’intervista e alla recensione, ci sarà anche un giveaways per vincere una copia di Nemesis – L’Ordine dell’Apocalisse.

Grazie ad Annalisa per la disponibilità!