La Porta Segreta

Mentre sono in viaggio per Bologna Book Fair, volevo segnalarvi questa interessante iniziativa: La Porta Segreta.

Donc, come vedete il mondo si sta evolvendo e il fantasy entra anche nello spazio tempo del podcast. Il progetto mi sembra particolare e innovativo, per cui ho deciso subito di aderire. Fra un po’ di puntate ci sarà il podcast di un mio racconto, Anobium. Una versione ridotta, per chi lo ha già letto nell’antologia Sanctuary.

Per gli aspiranti scrittori, come vedete c’è la possibilità di inviare il vostro racconto. Se sarà selezionato, diventerà un podcast. Inutile dire che tutto è gratuito, nessuna spesa per l’autore (ci  mancherebbe).

Uòt du iu tink?

 

Bologna Bookfair

Si preparano le valigie, domani si parte per il Bookfair di Bologna. Come sapete, purtroppo la fiera è rivolta solo agli addetti, quindi autori, editori, giornalisti, agenzie e quant’altro.

Parteciperò al FantasyCamp, di cui FantasyMagazine ha promesso un resoconto dettagliato. Felice anche di incontrare Melissa Marr, visto che ho apprezzato i suoi libri.

A presto!

Depressione da Facebook

 

Tra i miei vari feed, ieri ho letto quest’articolo sulla depressione post facebook.

Allora. Inspirare, espirare. Scusate, mi sembra sempre il solito sacco pieno di cavolate. Oggi va di moda Facebook, qualcosa dobbiamo pur dire.

Ma torniamo al punto: la depressione. Terribile malattia, che non ho provato per fortuna sulla mia pelle ma di cui ho visto – purtroppo – gli effetti. Ecco, la cosa che non mi quadra è dare la colpa alla moda del momento.

Perché, come è ovvio che sia, il mondo va avanti, con esso la società e la tecnologia. Eppure la depressione è sempre esistita, così come gli individui sociopatici, coloro che hanno sempre avuto problemi a integrarsi, paura a esprimere le proprie idee e modo di essere, paura persino di parlare. Quella che chiamiamo comunemente timidezza, ma che a volte diventa così estrema da trasformarsi in un macigno tale da rendere insopportabile la solitudine. Quella che instilla la pericolosa sensazione di sentirsi sempre fuori luogo e di non sapere comunicare con gli altri.

In questo, forse internet è stato un bene. Perché ha creato il famoso alias, dando la possibilità di essere chi non siamo, nascondendosi dietro un avatar, un nick, un modo di essere fittizio. Perché un bene? Perché può essere il primo passo per sciogliere quelle catene che altrove stringerebbero fino a soffocarci. La possibilità di far capire che oltre all’estetica esiste anche la personalità, che puoi sì plasmare su internet con un gioco di cui ti stancheresti presto. E così, proprio su facebook o su altre chat, sai che hai una carta in più. Perché non sono i lineamenti del tuo volto a fare la differenza, né i chili di troppo. E’ ciò che dici, come ti poni, cosa pensi. Cosa riesci a esprimere con poche frasi.

Bene, come vedete questo punto di vista ribalta totalmente il cliché che internet allontani i rapporti umani, faciliti l’uso della pornografia, sia pericoloso e compagnia bella. E’ solo l’evoluzione della nostra società, che ci impone di seguire nuove strade. Le amicizie virtuali non sono affatto dannose. Spesso mi basta leggere ciò che scrivono e cosa pensano, non mi interessa il loro aspetto fisico.

Poi capita che il virtuale si trasformi in reale, e raramente sono rimasto deluso. Perché, in un certo senso, mi sentivo già vicino a quella persona. E, quella stessa persona, non doveva mentire. Non doveva fingere per conquistarmi. Doveva solo essere ciò che virtualmente era stato. L’onestà di un avatar che si trasforma nella concretezza di un individuo.

E se questa persona volesse sempre fingere? Se non volesse più uscire dal mondo dell’avatar? Certo, avrebbe bisogno di aiuto. Ma, da questa prospettiva, forse si sentirebbe un po’ meno sola. Forse un giorno si accenderebbe una lampadina, l’idea che è giunto il momento di provare ad essere se stessi.

E’ vero, la nostra è l’era del tutto e del subito. Non devi più andare all’edicola per avere il porno, non devi più creare gli annunci AAA per incontrare una persona per sesso, non devi più arrovellarti il cervello per conoscere chi ti interessa, non occorre scrivere una lettera e aspettare giorni o settimane prima di ricevere la risposta. E’ tutto qui, dunque? Fino a un certo punto. Perché se internet ha annullato la dimensione spaziale, è un gioco che ha vita breve e stanca presto. Poi, quello che veramente conta è il faccia a faccia. Ed è lì che possiamo vincere perché adesso abbiamo una carta in più. A discapito del nostro aspetto, abbiamo già dimostrato di valere. Sappiamo di avere già ingranato la prima marcia, e adesso possiamo combattere la nostra battaglia contro la paura di esistere.

Ripercorriamo la spirale, torniamo al punto di partenza: depressione. O, più semplicemente, problemi adolescenziali. Certo, ancora una volta i genitori hanno un ruolo fondamentale, così come dovrebbe averlo la scuola. Non mi pare però una novità, benché capisco che non si affatto un ruolo facile. Solo dopo i 18 anni, mio padre mi disse che quando avevo poco più di 15 anni mi seguiva di nascosto per scoprire quali persone frequentavo. Be’, se me l’avesse detto allora sarei andato su tutte le furie. Con il senno del poi, invece, l’ho ammirato.

Quindi, stessa cosa per internet. E’ uno strumento che si deve imparare, padroneggiare, di cui non occorre avere paura. Perché a tutto c’è sempre una soluzione. Il problema, spesso, è un altro. Si chiama menefreghismo.

Informazione

Non è una novità, certo, ma ultimamente sono un po’ sconcertato dal tipo di informazione che forniscono i media.

L’ultimo caso, divertente e allo stesso tempo inquietante, è quello della finta donna aquilana. Ora, due piccole cose, perché le parole si sprecano e neppure ho voglia.

A) è assurdo che un’emittente televisiva proponga delle storie false e recitate spacciandole per vere. E’ disonesto, è un reato. Così come tutti gli altri progettati a tavolino, Grande Fratello compreso, dove  anche se il programma è demenziale spinge i ragazzi a spendere soldi nel televoto. E spendono su storie che hanno un copione. Mi chiedo perché nessuno intervenga.

B) Finché i telespettatori si lobotomizzano il cervello con il Grande Fratello, pace, certo. Ma quando si porta in TV una donna che finge di essere dell’Aquila, osanna il miracolo berlusconiano… be’, il reato è più sottile. Perché strumentalizzato e politicizzato. E perché si scherza su una tragedia.

Poi. Come sapete leggo Repubblica, perché “mi pare” uno dei quotidiani più onesti. Fino a un certo punto, s’intende, perché anche qui spesso noto una vena politica chiara che rende l’informazione meno oggettiva. Quando leggo un’informazione, non mi interessa un commento personale. Voglio conoscere i fatti e basta, ce la faccio da solo a farmi un’idea dell’accaduto.

Poi. Ultimamente non si capisce più una cippa, ovunque si guardi o legga informazione. Certo, voluta, non sempre dagli stessi media. Non si capisce un tubo sulla guerra in Libia, chi fa cosa, cosa fa quello, cosa risponde quell’altro. Nato o non Nato, che vuole la Francia, che fanno gli altri. Confusione totale. Peggio ancora in Giappone. Reattore non reattore, radiazioni basse, no radiazioni alte.

Che bella informazione, non c’è che dire.

Earth Hour

Ecco cosa apprendo da Repubblica (ma di cui avevo già sentito dire): Earth Hour.

Promossa dal WWF, la campagna ha l’intento di sensibilizzare sul risparmio di energia elettrica, tema alquanto caldo dopo tutto ciò che è successo – e sta succedendo – in Giappone.

Campagna interessante, quindi, per quanto inutile. Ok, non voglio fare il guastafeste, né quello che va sempre e comunque a puntare il dito contro un’iniziativa che comunque teoricamente ha del buono. In pratica, però, non serve a nulla.

Perché, parliamoci chiaro, servono leggi chiare sul risparmio energetico, mentre in Italia ciascuno fa come gli pare, a partire dalle lampadine a consumo ridotto, se vogliamo fare un esempio stupido. Per fare esempi più concreti, passiamo alle imprese edili, “costrette” (si fa per dire, perché ci prendono gli incentivi) a montare sul tetto pannelli solari. Pannelli solari che per lo più servono a scaldare l’acqua per chi ha l’attico e il piano subito sotto, ma non spingono energia in rete. Poi, se vogliamo salire di livello, parliamo di cosa fanno i nostri politici, che pensano al nucleare e, per par condicio, i parlamentari opposti, che quando erano seduti al posto giusto non hanno fatto una cippa, o poco di più.

Perché siamo nel paese del vento e del sole, ma figuriamoci se pensiamo di ottenere energia dal vento e dal sole. Meglio il petrolio o l’uranio, così stringiamo qualche bel patto d’alleanza con i paesi esteri, che prima o poi si incazzano e fanno la guerra tra loro. E arriva l’America a sanare tutto, o la Francia, improvvisamente interessati ad alcune nazioni dove si compie uno sterminio, fregandosene però di altre dove l’Eni magari non arriva. E poi, andiamo avanti, verso l’inquinamento. Avevo il ciuccio in bocca quando si parlava di energia rinnovabili, auto elettriche, auto a idrogeno e la lista è infinita. Ma mandare in pensione i petrolieri e le compagnia a loro associate mica va bene. Quindi, freghiamocene bene bene del vento e del sole, spengiamo stasera qualche piazza, una torre effeil e domani ci siamo scordati tutto. E torniamo a bombardare la Libia, va’.

Buon sabato delirante, più o meno.

Songs for Japan

Ricordate la bella iniziativa di Autori per il Giappone con la relativa raccolta fondi? Il buon Valberici aveva invitato anche i musicisti e cantanti, che per adesso non ci hanno rifilato di pezzo.

Bene, gli artisti internazionali hanno composto una soundtrack per il Giappone, con beneficienza alla croce rossa Giappone. Così come è accaduto per gli autori italiani, tanti cantanti hanno aderito: Madonna, U2, Rihanna, Lady Gaga, Beyoncé, Bruce Springsteen, Bon Jovi, Enya, Shakira e via dicendo. Ecco l’articolo, ecco il link iTunes.

Continuiamo a donare?

E noi italiani cosa stiamo facendo? Cantanti, musicisti? Non avete nulla?

In bed with… M4M

Fino al 20 aprile, ogni venerdì troverete la rubrica In bed with M4M (Mad for Madonna), con uno spezzone inedito tratto dal libro.

Nona parte: Confess Yourself (2006–2008)

“Sono dura e ambiziosa, e so esattamente quello che voglio.

Se questo fa di me una stronza, ok, sono una stronza.”

 

Cap III

Alla soglia dei cinquant’anni, la cantante sente il desiderio di muoversi per aiutare il prossimo. La povertà in Africa è il suo obiettivo primario e proprio in quel periodo inizia a interessarsi sulla condizione del Malawi, uno stato che confina con il Mozambico, la Tanzania e lo Zambia. Senza sbocchi sul mare e privo di risorse, il Malawi conta una popolazione di 11 milioni di abitanti, il reddito pro-capite è di più di un dollaro al giorno. L’economia è prevalentemente agricola e si basa sulle esportazioni di tabacco, tè e zucchero, ma la condizione disastrosa in cui vertono le infrastrutture rende difficile il commercio. A questo si aggiungono l’assenza di risorse alternative come i combustibili fossili, l’analfabetismo, il netto divario sociale. La situazione di quella nazione è drammatica: la vita media è circa 56 anni, la maggiore causa di morte è l’Aids. Anche per quest’ultimo motivo, il Malawi non passa inosservato agli occhi di Madonna.

«Mi sento in dovere di aiutare quei bambini senza genitori, perché anch’io sono cresciuta senza madre e capisco cosa voglia dire. Inoltre, il fatto di sentirmi impotente di fronte all’epidemia di Aids che ha colpito Manhattan e mi ha portato via tante persone care mi ha spinto a darmi da fare in questa direzione. Ne ero rimasta sconvolta e spaventata, così da allora voglio fare il più possibile per dare il mio contributo alla causa».