Toh, un baby boom

Sempre su Panaroma Libri, leggevo questo articolo di Deotto: “Ho 12 anni scrivo romanzi“.

Ottimo, non sono d’accordo neppure con una sola frase. Anzi, una sì, quando dice:

Il fatto è che l’industria editoriale tende a considerare gli adolescenti unicamente come target commerciali, creature non senzienti che si nutrono di maghetti secchioni e vampiri dal cuore spezzato.


Bene. Sui questo nulla da ridire. Ma non credo che l’industria editoriale, ‘sto mostro dai mille tentacoli, getti al vento l’opportunità di trovare un baby scrittore veramente genio. Il problema vero è trovarlo.

Ma esistono i baby geni? Certo che sì, la storia ce lo insegna: musica, pittura e scrittura. Ma sono casi rari. Quando in 3 mesi si pubblicano 5 baby boom scrittori (e questo solo in Italia), qualcosa non quadra. Legge matematica e di probabilità.

È credenza comune che la scrittura, e in particolare quella narrativa, debba per forza essere sorretta da una vita fitta di esperienze, ostacoli superati e cuori spezzati.

Ma anche no. Per scrivere non occorre essere sfigati o aver affrontato la guerra in Vietnam ma, senza dubbio, occorre una certa maturità.

E mi pare strano che un giornalista non sappia che per scrivere un libro sensato, per ragazzi o per adulti che sia, servano qualità e doti che si affinano con il tempo. Sì, serve proprio quella maturità per costruire una trama, trasformare personaggi cartoon in qualcosa di tridimensionale, stare attenti alla coerenza, alle teste parlanti, all’infodump e ad altre diecimila cose. E poi certo, in primis uno scrittore deve avere una storia da raccontare. Non che i ragazzi di dodici anni non ne abbiano, ma mi pare naturale e sensato che la vita insegni qualcosa. E ti spinga a parlare.

GLi adolescenti sono un branco di creature immature? Certo che no. Ma se una ragazza di dodici anni fa i cuoricini sul diario e corre a casa a guardarsi Pollon, lasciamola vivere in pace senza perderci in filosofie o studi cognitivi. Avrà tutto il tempo per capire cosa era quella polverina bianca  che sembra talco ma non è. Lasciamola sorridere per un altro po’.

Parole al vento, le mie? No, visto che il mio primo libro l’ho scritto a 14 anni. E so come funziona. Ah, ovvio, mai stato baby genio.

E invece, sorpresa: gli adolescenti e i preadolescenti sanno anche scrivere. In alcuni casi con pregevoli risultati.

Perché, per caso ha letto la bozza delle autrici citate? Prima che andassero nelle mani degli editor, che magari hanno stravolto trama, stile e personaggi?

Suvvia, non prendiamoci in giro. In un’epoca in cui la musica si aggrappa ai fenomeni musicali, rapidi e indolori come stelle cadenti, l’editoria non può stare a guardare. Sì, Paolini ha vinto, almeno in termini di vendite, ma erano anche altri tempi. Uno, due, tre e quattro ragazzi prodigio, poi ti stufi di essere preso in giro.

Grazie, ma anche no.

16 Commenti

  1. E tu, Francesco, quante ne hai lette di queste bozze?
    Attenzione, il mio non voleva essere uno sdoganamento dei romanzi teen-pop, cuciti a misura di un pubblico che si lascia impressionare dai “bambini prodigio”. Se ci fai caso ho detto, che questo tipo di fenomeno, andrebbe incoraggiato “in alcuni casi”.
    La mia intenzione era quella di suggerire un approccio a questo tipo di opere diverso da quello che anche a me verrebbe spontaneo. Ovvero: considerare un bambino di 12, fisiologicamente incapace di scrivere opere di narrativa.
    è naturale, non ha senso paragonare le 40 pagine di una bambina di 10 anni all’ultimo romanzo di Franzen. Ma non questo, a mio parere, non significa che il fenomeno vada archiviato a priori.
    Attenzione ancora: ho detto che questo fenomeno merita di essere “approfondito”, non “incensato”.

    Mi spiace dovertelo dire, ma a sto giro la tua analisi pecca di superficialità.

    ciao

    Fabio

  2. Cioa Fabio, innanzitutto buonasera e grazie per l’intervento.

    Postato da: Fabio Deotto
    E tu, Francesco, quante ne hai lette di queste bozze?

    Ne ricevo circa 4-5 al mese, da 4 anni. Quando mi capita qualcosa di buono sotto mano, lo consiglio agli editori per cui pubblico, che poi decidono secondo il loro metro di giudizio.
    Ora, il 90% dei giovani scrive fantastico, l’altro 10% Moccia-like. Non mi è capitato di leggere nulla di decente sotto i 20 anni, ma quando si scende di età si frana anche sulla grammatica di base.
    Ok, questione di probabilità. Gli editori ricevono anche 50 manoscritti al giorno, ma quando parlo con loro, la situazione è ancora più drammatica.

    Postato da: Fabio Deotto
    Se ci fai caso ho detto, che questo tipo di fenomeno, andrebbe incoraggiato “in alcuni casi”.

    Ed è proprio questo che io temo e trovo pericoloso. E lo dico con la stessa veemenza di quando mi scaglio contro chi sostiene o giustifica l’editoria a pagamento. Perché, Fabio, si sta creando l’illusione che scrivere porti soldi e notorietà con uno schiocco di dita. L’effetto velina sull’editoria, per inseguire il sogno di essere una nuova Rowling, Troisi, Meyer.
    Che si inseguano i sogni, ma si sappia che, specie a 16 anni, c’è tanto da fare e rimboccarsi le maniche. E sbatacchiare la testa più volte.

    Postato da: Fabio Deotto
    Ovvero: considerare un bambino di 12, fisiologicamente incapace di scrivere opere di narrativa.
    è naturale, non ha senso paragonare le 40 pagine di una bambina di 10 anni all’ultimo romanzo di Franzen. Ma non questo, a mio parere, non significa che il fenomeno vada archiviato a priori.

    Ma non c’è solo il problema della profondità di un testo, ma chissenefrega. Esiste anche la letteratura di evasione e di puro intrattenimento, ci mancherebbe. Ho sempre detto che la capacità di raccontare storie è innata, ma la tecnica si impara con il tempo, per tutti i motivi che ho accennato nel post.
    Archiviare a priori? Certo che no. Ma questo non accade negli editori. C’è chi archivia a priori tutto, non certo per l’età. Anzi, a essere sinceri non esiste proprio questo tipo di pregiudizio. Tutt’altro, purtroppo. Ho sentito editor affermare che libri scritti da ragazzi funzionano perché parlano la lingua dei ragazzi e raccontano la loro storia.
    Peccato che i classici di letteratura per l’infanzia e per l’adolescenza siano stati scritti da adulti. Da Verne alla Rowling.
    E poi, spesso, chi di questi teen aveva forse qualche possibilità, viene spedito in pasto ai leoni e inevitabilmente bruciato.

    Quindi, Fabio, la mia non è superficialità. L’opposto, direi. È per approfondire un tema che, perdonami, a mio avviso è piuttosto importante e nel tuo articolo è stato liquidato troppo in fretta.

  3. E’ chiaro che le case editrici hanno ritenuto che l’identificazione con il protagonista non fosse sufficiente: era necessario, per un teen, identificarsi pienamente con lo scrittore. E questo ha creato una vasta produzioni di letteratura scritta da adolescenti per adolescenti di cui francamente non so cosa rimarrà.

  4. Ciao Francesco, grazie per aver aperto un confronto

    Dunque, io credo che tu abbia spostato il baricentro della discussione su un’altra questione, più strettamente editoriale. Quello che a me premeva affrontare, è un’altra questione. Non il fatto che gli editor vedano (o meno) negli under 15 degli scrittori dal linguaggio incontaminato da plasmare a piacere. Bensì l’effettiva spinta creativa che compare proprio nella fase dell’adolescenza. So bene cosa significa scrivere un romanzo (lavoro nell’editoria da tempo, e ne ho scritti tre) e so bene che una ragazzina di 10 anni non potrà mai avere affinato una tecnica necessaria a progettare un’architettura narrativa complessa, uno stile personale, una capacità di gestire coerentemente gli “oggetti” narrativi. Per questo io non ho parlato di lanciare collane di letteratura “pre-teen”, ma solo dell’importanza di approcciare le opere di talento degli under15 con la stessa attenzione con cui si approcciano gli over15 (anche tra questi, i veri talenti sono pochi). Con la stessa attenzione, ma non con gli stessi metodi e obiettivi. Lasciando perdere l’editoria, il mio (seppur in modo solo accennato, dato il poco spazio a disposizione) voleva essere un discorso più generale e, in parte, scientifico. Non credo sia obbligatorio porre una soglia d’età (o di competenza) per le opere di narrativa. I testi under15 e quelli over21 (o come diavolo vogliamo chiamarli) vanno considerati in modo diverso. Non credo sia sbagliato ‘incoraggiare la spinta creativa di un ragazzino adolescente e, in qualche modo, esplorare la possibilità di una letteratura adolescenziale, con tutti i limiti ad essa intrinseci, senza per forza inquadrarla nelle logiche di mercato e senza voler necessariamente arrivare alla pubblicazione e alla distribuzione.

    Tu parli del fatto che sempre più gente crede che la scrittura sia un biglietto vincente per la fama e la ricchezza, e hai perfettamente ragione. Lungi da me voler convincere qualche moccioso (o qualche genitore ambizioso) a imbrattare altra carta da rilegare e mandare alle case editrici. Il fatto è che io sto parlando di una cosa diversa. Il mio, per concludere, era un interesse rivolto alla capacità di scrivere storie di adolescenti e preadolescenti. Non mi sento di dire che un ragazzo di 12 sia incapace di scrivere una storia coinvolgente e emozionante per un ragazzo di 10. Certo, non avrà la complessità e la robustezza di un Roald Dahl, ma forse (dico, forse) avrà qualcosa che Roald Dahl non avrebbe mai potuto metterci. Insomma, perdi da un lato e guadagni dall’altro, e paragoni di qualità letteraria non vanno fatti (non avrebbero senso). Perché, ad esempio, un bambino può davvero credere che la luna lo segua nel cielo, un adulto lo può concepire e tradurre su carta, ma con un’intenzione necessariamente diversa. Bambino, adolescente e adulto, sono tipi di Uomo diversi. Mi sembra lecito aspettarmi che siano anche differenti narratori.

  5. Fabio, mi trovi d’accordo su ogni parola del tuo ultimo intervento, ma volevo ragionare anche su un’altra questione.

    All’età di 14 anni ero un appassionato lettore, grazie alla sterminata libreria dei miei genitori. Adoravo il fantasy, benché non fosse in voga come adesso e non ci fosse il boom cinematografico.
    Così, fortemente influenzato da Ende, un giorno nacque l’idea di Estasia. Scrissi 20 capitoli, poi abbandonai. Ma mi rimase la passione della scrittura, che ripresi dopo l’università.
    Quindi sono grato i miei genitori, alle centinaia di libri che ho letto, a Michael Ende per aver spinto la mia creatività.

    Questo però accadeva nel 1990. Mi chiedo, cosa sarebbe successo al Francesco 14enne se si fosse trovato nel 2010? Sarebbe andato su internet. Avrebbe visto autori della sua età diventare ricchi come Paolini, o avere la popolarità degli italiani Strazzulla, Ghirardi e compagnia bella. Magari sarebbe capitato su Panorama (non un blog sfigato, una testata importante) e avrebbe letto di un articolo che parlava di altri ragazzi che pubblicavano.
    E ci avrebbe creduto, perché a 14 anni la vita ti ha fregato ancora poche volte. E magari si sarebbe illuso, non sarebbe cresciuto, oppure si sarebbe bruciato.
    Oppure, come vedo sempre più a giro in rete, sarebbe nato in lui l’astio per essere stato rifiutato, e se la sarebbe presa con gli editori corrotti o gli autori raccomandati.

    Ora, tu mi dici che il mio discorso esula dal contesto. Io preferisco dire che lo estende, perché Fabio scrivendo su una testata molto frequentata come Panorama, hai una grossa responsabilità.
    Capisco che ci sono spazi editoriali, e che bisogna essere incisivi e sintetici, per carità. Ma basta anche una frase in più per spingere a una riflessione ulteriore. Per far capire che pubblicare non è facile, tanto più per un 12enne, e che non è oro tutto quello che luccica.

    Tutto qua 😉

  6. Hai ragione, è probabile che quel Francesco oggi sarebbe castrato dalla protervia.
    In ogni caso, accolgo la critica riguardante la responsabilità di scrivere su una testata molto frequentata. Anche se spesso mi è impossibile spingermi troppo in là con la discussione (questo pezzo, in teoria, sfora di almeno mille battute dalle direttive). Molto spesso la scelta è tra riportare notizie senza nemmeno lanciare un germe di discussione, o provarci, a costo di venire frainteso.

    Comunque, è stato un confronto bello stimolante

    alla prossima 😉

  7. Dopo aver letto l'articolo lo stavo per dire anch'io: chissà com'erano ben scritti senza l'intervento dell'editor!! Sono un po' diffidente quando si grida al piccolo genio; come dici tu, ci sono adolescenti più maturi rispetto alla loro età (io ero una di questi, hihihihi!) ma da qui a saper scrivere correttamente, e non scolasticamente parlando che è diverso… Mah. Io mi sto "allenando" tutt'ora (forse sono io che son tarda :P)! Va be', lascio il beneficio del dubbio e mi vado subito a riguardare Pollon 😉

  8. Non dimentichiamoci che i genitori di Paolini erano editori. E in una intervista di parecchi anni fa per sua stessa ammissione il ragassuolo in questione affermò che la prima casa editrice a pubblicare Eragon fu proprio quella dei genitori, dopo diverse stesure e correzioni del romanzo.
    Con questo non voglio dire che Paolini non sia bravo, anzi… ma sicuramente ne capitano uno su un milione. Insegno da venti anni e forse fino ad ora ne ho incontrato solo uno di studente in grado di scrivere un romanzo (ovviamente supportato da un buonissimo editor) per la sua capacità dialettica e il suo estro creativo. L’11enne in questione è un genio in tutte le materie e legge anche due romanzi a settimana.

  9. sono d'accordo con te. Per ora mi sono sorbita MOLTI libri dei cosiddetti "fenomeni". Ne avrò letti 3/4 che meritavano di essere pubblicati. Che promettevano "bene"… Nel senso che, con un po' di limatura, tra qualche anno diventeranno dei bravi scrittori. Ma tutto il resto, credimi, da far accapponare la pelle. Non che abbiano pubblicato, no, ma che siano diventati l'emblema della narrativa italiana si. Mamma mia.

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